Stralciate le adozioni dal ddl Cirinnà, ma resta una legge ipocrita
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Quasi certamente il disegno di legge sarà modificato con un maxiemendamento su cui il governo porrà la fiducia. Ma a parte le adozioni, il provvedimento resta un pasticcio legislativo. Ecco perché serve un referendum consultivo
di Redazione | 22 Febbraio 2016 ore 18:27 Foglio
La decisione formale arriverà martedì alle 13, ma è praticamente certo che il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili omosessuali sarà modificato attraverso un maxiemendamento, con la cancellazione degli articoli che fanno riferimento all’adozione del figlio naturale del compagno. Ed è altrettanto probabile che il governo ponga la fiducia, malgrado la legge, così rielaborata, faccia rientrare perplessità e malumori manifestati negli ultimi giorni dagli ambienti cattolici del Pd e anche dagli alleati di maggioranza, i parlamentari di Ncd. “Spero che in qualche giorno di dibattito parlamentare si possa chiudere al Senato per poi andare alla Camera”, ha detto il presidente del Consiglio Matteo Renzi, in conferenza stampa.
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Il principio dell’adozione automatica del figlio naturale di un membro della coppia omosessuale da parte dell’altro era stato introdotto in modo ambiguo nella legge sulle unioni civili, ed era stato formulato, più o meno intenzionalmente, forse per leggerezza e faciloneria, in modo tale da non escludere (ma anzi indirettamente promuovere) la pratica, peraltro vietata e gravemente sanzionata in Italia, della maternità surrogata. Lo stralcio della norma va adesso giudicato positivamente, e rende più lineare il percorso della legge: un conto è superare le discriminazioni che colpiscono la condizione omosessuale, altra cosa è affermare surrettiziamente un diritto alla maternità (o alla paternità) non previsto dalla Costituzione nascondendolo di fatto sotto l’argomento capzioso della tutela e dei diritti dei minori, che possono essere assicurati da istituti come l’affido.
Sgombrato il campo dalla confusa e disomogenea questione delle adozioni, resta in piedi una ben strana legge che, malgrado sia chiamata “unione civile”, istituto che per definizione dovrebbe prescindere dal sesso degli interessati, riguarda invece esclusivamente gli omosessuali. Per i quali viene creato un matrimonio ad hoc, ipocritamente ribattezzato unione civile, ma interdetto agli eterosessuali. Il solito pasticcio legislativo italiano: contraddittorio, pavido, incoerente, sempre sottoposto al rischio di un ricorso, di un giudizio da parte della magistratura (costituzionale e ordinaria) spesso chiamata a supplire via sentenza all’arzigogolìo confuso e furbetto della politica. Se il Parlamento, e i partiti, non hanno la voglia o il coraggio di affrontare limpidamente il tema per quello che è – ovvero: siete favorevoli o contrari alle nozze omosessuali? – sarebbe meglio, come questo giornale ha sostenuto più volte, affidarsi a un referendum consultivo, da introdurre con apposita (e semplice) leggina. Le scelte consapevoli e durature derivano dalla chiarezza delle posizioni in campo. La furbizia porta solo guai.
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