Riforme, Renzi comunque a rischio. Mezzo Ncd in rivolta
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INSIGHT - Compromesso nel Pd di fatto già trovato. Renzi ha in parte ceduto sulle riforme per ridurre il dissenso interno a 6-7 senatori perché sa che metà Ncd è pronta a votare contro il ddl Boschi. E, numeri alla mano, pur considerando i verdiniani (vecchi e nuovi), la maggioranza non può dormire sonni tranquilli...
Martedì, 22 settembre 2015 - 10:48:00 Affaritaliani Di Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)
L'accordo tra i renziani e la minoranza dem, dopo la direzione del Pd di lunedì, è davvero alla portata di mano. La tecnicalità che sblocca l'impasse consiste nella scelta dei cittadini dei consiglieri regionali che diventeranno poi senatori lasciando ai vari consigli regionali solo il potere di ratificare la nomina. In questo modo si salva il principio dell'elezione diretta da parte dei cittadini anche se non ci saranno votazioni vere e proprie per la Camera dei territori. Un compromesso al quale ha lavorato alacremente Giorgio Tonini, che domenica scorso proprio ad Affaritaliani.it aveva paventato questo tipo di soluzione.
Ma dietro il passo indietro del premier, pur condito da attacchi a Pietro Grasso e da dichiarazioni roboanti, c'è un motivo meramente politico e non tecnico. Renzi ha dovuto cedere in parte per limitare l'area del dissenso tra i senatori del Pd massimo a 6-7 (altrimenti sarebbero stati ben trenta) perché Angelino Alfano non controlla più metà dei suoi a Palazzo Madama. I senatori vicini a Gaetano Quagliariello, tra i quali Giovanardi, Compagna e Schifani, insistono per modificare la legge elettorale dando il premio alla coalizione e non al partito. Questo perché intendono presentarsi in una coalizione di Centrodestra. Ma l'altra metà di Area Popolare, da Alfano a Cicchitto passando per la Castaldini, di fatto ha già stretto un'intesa con il premier per entrare nelle liste del Pd e, quindi, non pone più il problema dell'Italicum.
Ma 15-16 senatori Ncd, quelli che contestano il patto Renzi-Alfano, come ritorsione per la chiusura sulla legge elettorale sarebbero pronti a votare gli emendamenti sul Senato elettivo (sempre che il presidente Grasso li ammetta) e addirittura a votare contro l'intero ddl Boschi. Ecco perché Renzi è stato costretto a recuperare gran parte dei ribelli dem, almeno i fedelissimi di Bersani e Speranza. Altrimenti i verdiniani (vecchi e nuovi) non sarebbero stati sufficienti per evitare scivoloni in Aula. Scivoloni che comunque su alcuni emendamenti, ma anche sul voto finale al provvedimento, considerando la pattuglia di centristi delusi e arrabbiati, potrebbero comunque mettere a rischio ugualmente il cammino delle riforme.
La maggioranza ha 171 voti (quelli che hanno bocciato le pregiudiziali di costituzionalità) ai quali potrebbero aggiungersene altri 4-5 arrivando a 175-176. Ma tra i duri e puri della sinistra Pd (da Mineo a Casson), quelli comunque contrari anche al compromesso di Tonini, e i dissidenti di Area Popolare si rischia di scendere sotto quota 160. Il governo resta perciò a rischio.
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