Matteo Renzi autoritario? È il maggioritario, bellezza
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Il fenomeno di dissoluzione del centrodestra in una serie di baronie personali sembra destinato a non arrestarsi
di Sergio Soave Italia Oggi, 28.3.2015
: ci sarà forse la contea di Tosi oltre al principato di Salvini, il marchesato di Fitto si staccherà dall'antico regno berlusconiano, che forse sarà orbato anche del granducato di Verdini, mentre la Repubblica oligarchica della Meloni ha già piantato da tempo le sue poco frequentate bandiere. C'è chi attribuisce questa diaspora alla impossibilità di Silvio Berlusconi, vincolato da provvedimenti giudiziari stringenti, di esercitare la sua tradizionale funzione di federatore, chi, al contrario, fa derivare lo stesso fenomeno dalla mancata rinuncia del presidente di Forza Italia a un ruolo di primazia nell'arduo lavoro di ricostruzione di un centrodestra competitivo.
Quale che sia la ragione prossima, quello che davvero salta agli occhi è il differenziarsi sempre più ampio delle posizioni di merito, che riguardano tematiche decisive, dalla adesione alla moneta europea alla prospettiva e alla collocazione internazionale. Paradossalmente questo fenomeno, che è presente anche dall'altra parte dello schieramento, nel partito democratico, sembra meno dominabile organizzativamente nel centrodestra, dove l'ancoraggio ideologico dovrebbe essere meno radicato e radicale.
Se si astrae dalla forme e dal linguaggio, Matteo Salvini rivolge all'Europa le stesse critiche svolte in modo più raffinato da Stefano Fassina, la differenza sta nel loro riferimento esterno, quello del Front National per il leader della Lega Nord, quello di Syriza per il deputato democratico. La differenza nella capacità di governare le divergenze interne non sta tanto nella capacità dei leader, ma nella funzione che esercitano. Berlusconi riusciva a tenere insieme secessionisti e nazionalisti quando governava, mentre non ci riesce ora dall'opposizione, così come oggi Renzi, unendo come Berlusconi la funzione di capo del partito e premier, riesce (almeno per ora) a imporre un comportamento parlamenta re abbastanza convergente alla anime diverse e divergenti del centrosinistra, a differenza dei leader dello stesso schieramento quando stava all'opposizione.
È l'effetto di quella che Walter Veltroni chiamò la vocazione maggioritaria, che unisce anche le diversità, mentre la rinuncia alla rappresentanza generale a vantaggio della difesa prioritaria dei (pur legittimi) interessi di parte accentua le divisioni e le separazioni. Quello che viene individuato come tratto autoritario, per Renzi, o addirittura come tendenza al regime, in Berlusconi, è forse soltanto la conseguenza di questa sindrome che porta in Italia le opposizioni verso l'irrilevanza.
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