Alla manifestazione di sabato c’era una coalizione per la prima volta egemonizzata dai radicali, in alleanza con i populisti,
Francesco Cundari 9 Giugno 2025 linkiesta.it lettura2’
scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette
La manifestazione di sabato per fermare lo sterminio dei palestinesi a Gaza era un’iniziativa giusta in sé e anche politicamente conveniente, ed è stata coronata da successo (quanti anni erano che la sinistra non tornava a riempire piazza San Giovanni?).
I referendum voluti dalla Cgil erano un’iniziativa discutibile nel merito e suicida dal punto di vista strategico, almeno per il Partito democratico, e considerando i dati dell’affluenza di ieri, non imprevedibilmente, votata all’insuccesso.
Ma non è questo che conta. Il punto è che le due iniziative hanno contribuito a dare un segnale piuttosto chiaro su quale sarà il perimetro, l’identità e il messaggio della coalizione di centrosinistra che presto o tardi dovrà contendere il governo del paese a Giorgia Meloni. Motivo per cui temo che Giorgia Meloni possa dormire tra due guanciali. Purtroppo, si tratta di un equilibrio ormai consolidato, emerso sempre più chiaramente anche dalle ultime tornate amministrative, ed è ben rappresentato dalla foto del corteo di Piazza San Giovanni, aperto da Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Un’immagine che a ben pensarci fa impallidire anche la famigerata «foto di Vasto», tante volte evocata, come simbolo di una coalizione a vocazione minoritaria.
La foto del 2011 ritraeva insieme il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, il leader della sinistra radicale, Nichi Vendola, e il capo dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro.
Ma il Bersani del 2011 era un riformista a tutto tondo, godeva di un certo apprezzamento anche al di fuori della sinistra per pragmatismo e cultura di governo, e lo stesso Di Pietro, rispetto a Conte, era un fior di liberaldemocratico.
Il centrosinistra che si delinea oggi, tanto più dopo l’imbarazzante autodafé cui Schlein ha costretto l’intero gruppo dirigente del Pd sul Jobs Act, è una coalizione in cui l’unità è il frutto di una scelta sempre più netta in favore delle posizioni della cosiddetta sinistra radicale.
Dalla politica economica alla politica estera, distinguere la linea del Pd di Schlein da quella dell’Avs di Fratoianni e Bonelli è diventato praticamente impossibile.
Il cuore dell’alleanza è rappresentato dall’asse tra Pd e Movimento 5 stelle. Tutto il resto, cioè quell’ampia area riformista di tradizione post-comunista, post-socialista e post-democristiana che ha sempre guidato il centrosinistra e di cui il Pd doveva rappresentare il culmine, è semplicemente polverizzato (in parte, va detto, si è autopolverizzato, ma questo è un altro discorso). Un centrosinistra egemonizzato dai radicali, in alleanza con i populisti, è una novità di cui non mi pare si sia ancora colta la reale portata. Certo è che il centrosinistra modello San Giovanni è una benedizione per Meloni.