Lega e 5 Stelle si corteggiano uniti in piazza? Il ritorno al 2018 contro l’Europa “cattiva e guerrafondaia”

Categoria: Italia

Certi amori non finiscono, fanno dei giri i e poi ritornano. L’Italia non deve prestare il fianco al piano von der Leyen e deve ribellarsi UE

Luca Sablone 28.3. 2025 alle 10:40 ilriformista.it lettura2’

Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Antonello Venditti ci aveva visto lungo, anche se forse immaginava un travagliato rapporto di coppia. Che non è poi così distante dall’immortale asse gialloverde. In Italia cambiamo le alleanze, gli orientamenti, i leader, i partiti, ma l’unica incrollabile certezza è la corrispondenza di amorosi sensi tra Lega e Movimento 5 Stelle. La mattina accendi la tv per ascoltare le notizie del giorno mentre sorseggi il caffè, cambi freneticamente canale nella speranza di trovare qualcosa di interessante, e improvvisamente ti imbatti nel confronto tra Claudio Borghi e Stefano Patuanelli su La7. E, ancora assonnato, subito ti assale un dubbio: ma sto sognando una puntata del 2018? Invece no, è tutto attuale. Nonostante il governo Conte I sia imploso ormai 6 anni fa, dopo tradimenti, insulti e separazioni teatrali, i due partiti sono tornati ad abbracciarsi grazie al magico effetto tipico della colla industriale: la retorica contro l’Europa cattiva e guerrafondaia.

E così Borghi e Patuanelli, due esponenti di partiti che si detestano a favore di telecamere, sembrano amici di vecchia data che – al di là delle schermaglie di facciata – recitano lo stesso copione. L’Italia non deve prestare il fianco al piano von der Leyen e deve ribellarsi contro l’Ue, la solita matrigna, perché ogni centesimo destinato al riarmo è un centesimo tolto alla sanità e all’istruzione. Una tesi affascinante e poetica, per carità. Ma non esiste quella contabilità parallela, che comunque fa comodo per provare a racimolare qualche consenso per rimpolpare i magrissimi sondaggi.

Il dibattito Borghi Patuanelli

Il punto più alto del dibattito viene raggiunto nel finale, dopo aver sostenuto in sintonia – con invidiabile convinzione – che le sanzioni non stanno colpendo l’economia della Russia, che anzi è in ottimo stato di salute. Così il senatore del Movimento 5 Stelle invita – ironicamente, ma neanche tanto – il parlamentare del Carroccio a scendere in piazza il 5 aprile, aderendo al corteo organizzato da Giuseppe Conte per dire basta soldi per le armi: «Ma quindi venite alla manifestazione?». Provocazione a cui Borghi risponde con un «no, ma figurati, abbiamo il congresso».

Battute a parte, il congresso c’entra eccome. Matteo Salvini teme di essere investito dall’onda interna che spinge per affidare le redini a Roberto Vannacci, che sui territori continua a strutturarsi e a radicarsi. Sullo sfondo c’è anche il fattore Luca Zaia: il governatore del Veneto si gioca la ricandidatura, e nel partito c’è sempre chi sogna di vederlo al posto del Capitano. Insomma, insidie interne ed esterne. D’altronde, la sintonia tra Lega e M5S non è casuale. Entrambi i partiti sono stati colpiti da un’emorragia di voti e, guarda un po’, tirano fuori dal cassetto la stessa soluzione: pescare a piene mani in quell’elettorato che si nutre di odio verso Bruxelles e di ostilità verso il piano di riarmo. Uno stucchevole gioco delle parti.

Forse gli unici veri nostalgici in Italia sono loro. Vuoi mettere? Quando i decreti Sicurezza e il reddito di cittadinanza arrivavano in orario…