Le conseguenze del trumpismo Il sacrificio annunciato di Kyjiv continuerà a perseguitare l’Europa

Come dice l’ex consigliere di Putin, il capo della Casa Bianca e quello del Cremlino si intendono «come capi di clan mafiosi rivali».

Francesco Cundari 8 Novembre 2024 linkiesta.it lettura2’

Ma la seconda vittima della vittoria di Trump, dopo l’Ucraina, rischia di essere proprio l’Europa, scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette

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A nemmeno due giorni dall’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca – ma chi l’avrebbe mai detto – la notizia sulle prime pagine di tutti i giornali è la riapertura del dialogo con Vladimir Putin, ovviamente sulla pelle degli ucraini. Sulle ragioni profonde della loro intesa, per una volta, mi pare si possa dare credito alla versione russa, e in particolare a Sergej Markov, direttore dell’Istituto di Ricerche Politiche di Mosca ed ex consigliere di Putin, che a Repubblica la spiega così: «Da uomini forti, Trump e Putin si rispettano. Si rispettano come i condottieri di eserciti in guerra o come capi di clan mafiosi rivali». Personalmente, propenderei più per il secondo paragone, ma non esagererei con la rivalità. Al massimo, un po’ di invidia (da parte di Trump, ovviamente). Sempre su Repubblica, giusto nella pagina accanto, Timothy Garton Ash scrive: «La prima vittima del secondo mandato di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti sarà probabilmente l’Ucraina. Gli unici che possono evitare questo disastro siamo noi europei». Il guaio è che la seconda vittima della vittoria di Trump rischia di essere proprio l’Europa.

Emmanuel Macron ha reagito al risultato americano affermando che avrebbe lavorato con il cancelliere Olaf Scholz per un’Europa «più unita, più forte, più sovrana». Ma come ricorda Garton Ash la Francia ha ormai un governo debole e instabile, che «di fatto dipende per la sua sopravvivenza politica dalla populista Marine Le Pen, amica di Putin», mentre il governo Scholz è entrato in crisi poche ore dopo l’elezione di Trump, lasciando «il potere centrale europeo in un limbo pre e post elettorale (lungo potenzialmente mesi)».

Data la gravità della situazione, forse possiamo permetterci almeno il lusso della verità. Se nel 2014, davanti alla prima aggressione russa dell’Ucraina, la reazione degli Stati Uniti di Barack Obama e dell’Unione europea fosse stata più adeguata e consapevole, probabilmente non saremmo arrivati a questo punto. Dove potremo scivolare se Trump darà seguito alle idee fatte circolare negli ultimi tempi – lasciare alla Russia i territori conquistati e garantirgli persino la “neutralità” dell’Ucraina, cioè la sua impossibilità di difendersi da nuove aggressioni – è davvero difficile prevederlo. Ma è facilissimo pronosticare che non sarà un futuro di pace e prosperità, né per gli ucraini, né per noi europei.

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