La fermezza Il Pd richiama gli adulti, saluta le sardine e rigetta il «né con Israele né con Hamas»

Elly Schlein ha chiesto consiglio ai dem più esperti per gestire la linea politica del Partito democratico in questa fase, mettendo da parte i giovani dei “movimenti”

13.10.2023 Mario Lavia, linkiesta.it lettura 3’

Adesso si dovrà fare i conti col partito «né né» — né con Israele né con Hamas — un partito che a occhio crescerà in parallelo con la drammaticità di una situazione avvolta nella notte di Gaza e nella più totale incertezza su cosa succederà. I «né né» si nascondono dietro i cosiddetti torti e ragioni di tutti, paghi di aver condannato il pogrom del 7 ottobre e pronti a rinverdire un filopalestinismo che, fosse serio, farebbe aumentare il disprezzo per Hamas ma che invece è solo la comoda maschera per nascondere un sentimento di fondo anti-israeliano mai sopito nella sinistra italiana (e non solo della sinistra).

Come all’epoca del terrorismo italiano degli anni Settanta («né con lo Stato né con le Br») anche nel caso odierno far finta di essere equidistanti è una posizione comoda che può diventare di massa una volta svanito l’orrore più immediato per ciò che hanno fatto i boia di Hamas, ed è una posizione tipica di una certa sinistra che condisce la condanna con troppi ingredienti sicché quella condanna alla fine si diluisce come una pillola effervescente in un bicchiere d’acqua.

È già adesso questa la posizione della sinistra radicale e del Movimento 5 stelle di base (Giuseppe Conte è uno capace di andare alla Sinagoga di Roma e contemporaneamente disimpegnarsi sugli armamenti in una fase come questa), mentre il problema si staglia minaccioso in casa Partito democratico.

A parte certe posizioni scioccamente espresse da certi Giovani democratici o quella della sardina Jasmine Cristallo, che siede pure in Direzione, ieri ha fatto giustamente scalpore quanto ha affermato non proprio l’ultimo arrivato ma il presidente del consiglio comunale di Firenze, il dem Luca Milani, che ha testualmente affermato: «Trovo sbagliate, le manifestazioni pro Palestina e pro Israele, non servono alla causa della pace. Non ho alcun dubbio nel condannare Hamas, ma non abbiamo bisogno di dividerci perché la violenza, il non rispetto dei diritti umani e la barbarie disumana vanno combattute. Dobbiamo farlo insieme, ebrei, musulmani, cristiani, non credenti».

Le cose sono due, o Milani non conosce bene l’argomento o la sua posizione «né né» va chiaramente contro quella del suo partito (intanto Italia viva ne ha chiesto le dimissioni) che è ben altra. Elly Schlein è stata chiara fin dall’inizio. Ha ribadito a Montecitorio la più dura condanna del terrorismo. Alessandro Alfieri, della segreteria, ha parlato alla manifestazione organizzata dal Foglio. Ma non basta.

Come ha scritto Repubblica.it, lunedì sera si è svolta una call con la segretaria e dirigenti non esattamente del nuovo corso schleiniano, da Lia Quartapelle a Enzo Amendola a Lorenzo Guerini più Peppe Provenzano che è il responsabile esteri e i due capigruppo, Chiara Braga e Francesco Boccia. «Una cosa normale», ci dice uno di loro, ma non è prassi comune che Elly chiami gli adulti nella stanza per capire quale deve essere la linea, una piccola dimostrazione del fatto che in circostanze d’emergenza per fortuna le posizioni politiche vengono decise da gente esperta, seria.

Per ora la linea consiste nel tenere assieme la più chiara solidarietà a Israele con la necessità di inventare soluzioni che possano portare a un allentamento della tensione, premessa indispensabile per riprendere la parola d’ordine, che nelle circostanze attuali pare lunare, «due popoli due Stati». Il Pd insomma avverte l’esigenza di guardare oltre il massacro del 7 ottobre mantenendo una fermezza di fondo, scontando le critiche soprattutto esterne dei «né ne», l’avversario potenzialmente più insidioso che la giovane leader vuole scansare: ed è anche per questo che dovrà guardarsi dai tanti silenzi che in questi giorni rimbombano nel suo partito, forse anche nel gruppo ristretto che è intorno a lei.

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