QUALE COMPLOTTO INTERNAZIONALE: IL RUSSIAGATE È TUTTO ITALIANO

È STATO “L’ESPRESSO” A DARE LA REGISTRAZIONE DEL METROPOL

Giacomo Amadori “la Verità” dagospia.com 3.7.2019

AI PM MA SE AVEVA L'AUDIO PERCHÉ NON L'HA PUBBLICATO E HA LASCIATO CHE FOSSE IL SITO AMERICANO BUZZFEED A DIFFONDERLO, FACENDO UNO SCOOP MONDIALE? - UNO DEI DUE GIORNALISTI DEL SETTIMANALE, STEFANO VERGINE: “PERCHÉ NON ABBIAMO PUBBLICATO L'AUDIO SUL SITO DELL'ESPRESSO? QUESTO DEVE CHIEDERLO A MARCO DAMILANO…”

Giacomo Amadori per “la Verità” sa dagospia.com

Il direttore dell' Espresso Marco Damilano, parlando del cosiddetto Russiagate, è arrivato a citare il Watergate. Un paragone ardito. All' epoca, eravamo nei primi anni '70, Mark Felt, vicedirettore del Federal bureau of investigation (Fbi), riferì a due giornalisti del Washington Post che i vertici del Partito repubblicano, quello del presidente Richard Nixon, avevano ordinato intercettazioni illegali nel quartier generale del Partito democratico. Lo scandalo costrinse Nixon alle dimissioni.

Anche in questo caso gli ingredienti sono simili: abbiamo due giornalisti d' inchiesta, Giovanni Tizian e Stefano Vergine, delle intercettazioni e un Partito democratico. Ma la storia è molto diversa. Infatti l' intercettazione che è alla base dell' inchiesta per corruzione internazionale avviata dalla Procura di Milano non è stata eseguita dalle forze dell' ordine o dalle microspie russe, come si era fantasticato nelle ultime settimane, immaginando complotti internazionali che coinvolgevano la Russia di Vladimir Putin e gli Usa di Donald Trump. Più modestamente, come anticipato dalla Verità, è sempre più chiaro che ci troviamo di fronte a un trappolone contro Matteo Salvini che ha come protagonisti tutti personaggi italiani.

Ieri la Procura di Milano ha depositato alcuni atti riguardanti le indagini contro l'ex portavoce di Salvini, Gianluca Savoini, e due attori apparentemente minori: un avvocato massone, Gianluca Meranda, e un consulente finanziario con un passato di bancario e di funzionario della Margherita e del Pd, Francesco Vannucci. I tre avrebbero partecipato a un summit con altrettanti russi all' hotel Metropol di Mosca il 18 ottobre 2018 per discutere di petrolio e finanziamenti alla Lega. Tra gli atti depositati in vista del Riesame (l' udienza è prevista per il 5 settembre) anche la trascrizione dell' audio di quell' incontro.

Ieri l' agenzia Ansa ha scritto: «Da quanto è stato riferito dopo il servizio dell' Espresso i pm che coordinano le indagini hanno convocato uno dei due autori (Tizian e Vergine, ndr), per altro testimoni oculari dell' incontro nel grande albergo moscovita (erano presenti ma a debita distanza come hanno già scritto loro stessi) e lo hanno sentito a verbale.

Nel corso della deposizione è venuto a galla che i due giornalisti non solo erano in possesso dell' audio sulla presunta trattativa, ma che la registrazione era stata fornita da una "fonte", di cui non è stata rivelata l' identità (è stato fatto valere il segreto professionale). Il file audio, poi, è stato acquisito dalla Procura con una richiesta di consegna formale. L' ipotesi è comunque che a fare la registrazione possa essere stato uno dei partecipanti italiani alla trattativa».

Dunque l' audio che il sito americano Buzzfeed ha diffuso il 10 luglio, facendo uno scoop mondiale, era già da mesi nella disponibilità del settimanale italiano. Ma perché i giornalisti dell' Espresso non l' hanno pubblicato prima di Buzzfeed? E quando ne sono entrati in possesso? La storia del Metropol e alcuni virgolettati di quell' incontro fanno parte del volume Il libro nero della Lega, pubblicato a febbraio da Tizian e Vergine e ripreso in anteprima dall' Espresso il 21 dello stesso mese. Di certo il libro è stato terminato nelle settimane precedenti e quindi il file potrebbe essere stato consegnato ai giornalisti in un arco di tempo compreso tra ottobre e gennaio. Ma da nessuna parte, né sul libro, né sul settimanale è stato riportato che le cinque pagine del capitolo «Tre milioni da Vladimir» si basassero su una registrazione.

Inoltre stupisce che un simile scoop in un libro anti Lega sia stato confinato tra pagina 156 e pagina 160. Non sappiamo perché, ma quell' audio viene utilizzato al minimo del suo potenziale. Come una bomba che viene fatta esplodere in mare. Eppure i giornalisti scrivono di essere stati presenti al Metropol e di essere stati informati anche di un incontro preparatorio tra Savoini e l' ideologo sovranista russo Aleksandr Dugin: «Il 25 settembre i due si sono incontrati in via del Babuino.

Un meeting riservato in cui si è parlato di un viaggio a Mosca del ministro dell' Interno.

Viaggio che poi in effetti si è concretizzato il 17 ottobre 2018[]. Per capire meglio le cose abbiamo seguito la missione di Salvini a Mosca a metà ottobre» hanno scritto Tizian e Vergine.

In pratica i cronisti fanno intendere di essere stati avvertiti del summit romano e di essere volati a Mosca per verificare personalmente le trattative. Eppure liquidano in tre righe l' incontro all' hotel De Russie di via del Babuino e ne dedicano poche di più a quello moscovita. Insistono solo sul fatto di essere «stati testimoni» dell' incontro.

C' è un altro particolare che non torna: a febbraio Tizian e Vergine, nell' anticipazione del loro libro pubblicata sull' Espresso, riferiscono di un colloquio al Metropol tra tre italiani e tre russi. Peccato che nel volume, chiuso probabilmente qualche settimana prima, parlassero di cinque uomini: «Savoini era al tavolo seduto con altre quattro persone. Siamo riusciti a individuarne uno con certezza: Ylia Andrevich Yakunin [] al tavolo c' erano poi un traduttore russo, un avvocato italiano e un altro italiano chiamato Francesco. La compagine ha trascorso oltre un' ora a discutere bevendo caffè espresso».

Nessun altro particolare. Ma i due giornalisti, che hanno contato in modo diverso gli uomini della trattativa e che hanno notato solo la bevanda bollente, erano davvero presenti? E se non lo erano, perché hanno trascritto parte dell' audio consegnatogli da uno degli italiani senza dichiarare di averlo? Anche ieri, come la settimana scorsa, abbiamo provato a chiederlo al direttore dell' Espresso Marco Damilano, che però anche questa volta ha preferito non rispondere. È stato più disponibile Stefano Vergine, freelance che ha da poco lasciato il settimanale romano, dove era vicecaposervizio.

«Non mi sento di dire se sono stato io a consegnare il file, c' è un' inchiesta in corso. Perché non abbiamo pubblicato l' audio sul sito dell' Espresso? Questo deve chiederlo a Marco Damilano». Facciamo notare che quando è uscito, l' audio ha fatto il giro del mondo e che Vergine lo aveva molto prima «Certo certo. Non è che ci inventiamo le cose, se le abbiamo scritte con precisione Abbiamo sempre detto che avevamo le prove, ma non abbiamo mai specificato che avevamo l'audio».

Ribattiamo che hanno dovuto mandar giù ogni genere di smentita e che un giornale gemello, Repubblica, ha addirittura parlato dello «scoop di Buzzfeed» e la contestazione fa sospirare Vergine: «Sono mesi che leggo queste cose, stando in silenzio». Lo incalziamo: da scoopista si sarà arrabbiato? «Un po' mi è spiaciuto, ma per lo meno ora un po' se ne parla» è la replica del collega. Resta irrisolto l'ultimo mistero: chi è la fonte dell' Espresso? I maggiori sospettati restano il Meranda, grembiulino calabrese, e Vannucci, l' uomo del Pd. L'avvocato albanese Ersi Bozheku, difensore di entrambi, non risolve il mistero: «Non so nulla di quello che mi sta chiedendo».

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