Indizi, bluff, tracce. Storia del depistaggio renziano
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sul candidato al Quirinale. Il test sui nomi, la ricerca del profilo, le voci su Padoan, tutte le allusioni e quella possibile arma nel cassetto
di Claudio Cerasa | 24 Gennaio 2015 ore 06:27
Roma. Il “grande bluff” è un titolo perfetto per incorniciare le dichiarazioni offerte nell’ultima settimana da Renzi sul profilo del successore di Giorgio Napolitano. Il grande bluff, o se volete il grande depistaggio, è una gustosa manovra caratterizzata da un insieme di indizi che vengono accidentalmente – uh, che sbadato – lasciati in giro dal presidente del Consiglio per alludere a un certo nome piuttosto che a un altro e per provare a capire che effetto fa proporre un profilo che somiglia a Tizio piuttosto che un profilo che somiglia a Caio. E’ uno spasso. Uno spasso preso da qualcuno sul serio ma che alla fine dei conti resta quello: più un depistaggio che una traccia. Il depistaggio di Renzi (che lunedì riunisce i gruppi Pd, martedì vede gli alleati, giovedì i grandi elettori e tra il 28 e il 29 farà il nome) comincia da lontano e a voler mettere insieme gli indizi lasciati per strada dall’ex sindaco di Firenze verrebbe fuori un presidente della Repubblica formato Frankenstein. Aprile 2013: “Il candidato per il Quirinale non può essere un uomo del secolo scorso” (e dunque niente da fare per Amato, per Finocchiaro, per Veltroni, e così via). Aprile 2013: “Lasciatevelo dire da rottamatore, per il Quirinale non si trova il candidato nuovo” (e dunque niente da fare per Delrio).
Aprile 2013: “Il presidente deve avere caratura internazionale” (e dunque niente da fare per Magalli). Gennaio 2015: “Il presidente non sarà il giocatore di una delle due squadre” (e dunque niente Mattarella, niente Bersani, niente politici Pd). Gennaio 2015: “Il presidente deve essere un arbitro in grado di aiutare gli italiani ad amare il nostro paese” (e dunque, a occhio, niente da fare per Amato). Gennaio 2015: “Il prossimo presidente sarà come Napolitano” (e dunque, chi lo sa, potrebbe essere un politico, e allora bisogna escludere i tecnici, no però Napolitano ha detto che vuole un presidente in continuità con lui, e aiuto, niente, non si capisce niente). E infine, due giorni fa, da Davos, riportato ieri dal Corriere: “Vedrete che verrà proposto un candidato a cui la minoranza non potrà dire di no” (e dunque, aiuto, panico: si parla di minoranza, allora significa che Renzi metterà uno del Pd, uno della famiglia dei Ds, uno dei rossi, ma non doveva essere un arbitro? Cacchio, non si capisce nulla)”. Il depistaggio renziano è un metodo studiato scientificamente da Palazzo Chigi con un intento elementare: gettare nella mischia possibili candidati a una certa carica, far girare il nome di qualcuno, testarlo, far capire che quel nome is unfit to lead e poi alla fine, oplà, tirar fuori dal cilindro il proprio copertissimo candidato. A volte il depistaggio riesce in modo perfetto (esemplare il caso Gentiloni), a volte invece no (e chissà se il nome di Padoan filtrato ieri dal fortino renziano è un altro depistaggio o è un indizio vero).
Nel gioco dei bluff e dei contro bluff anche gli avversari di Renzi, per pesare qualcosa, per provare a organizzarsi, hanno cominciato a unire le forze sperando di poter giocare una partita di contenimento importante in vista della scelta del nuovo capo dello stato. Vendola e Civati, ieri, con l’appoggio discreto di molti parlamentari non allineati a Renzi, hanno annunciato un coordinamento per organizzare la resistenza contro i Nazareni. L’idea (romantica) è questa: cercare un candidato da presentare nelle prime tre votazioni, quando i Nazareni voteranno scheda bianca, raccogliere più voti possibili, gettare un amo ai 5 stelle, e far saltare il patto con un presidente no Nazareno. La mossa non sembra essere particolarmente terrorizzante. E se in questo quadro c’è un bluff meno bluff degli altri riguarda un ragionamento fatto in queste ore da alcuni esponenti Pd vicini a Renzi: “Non ci saranno problemi sul Quirinale per una ragione: i franchi tiratori hanno impallinato Prodi e Marini nel 2013 sapendo che la legislatura sarebbe andata avanti; oggi chi giocherà troppo a fare il tiratore sa che la legislatura, in caso di sabotaggio, potrebbe finire da un momento all’altro”. E chissà che questo punto non sia il bluff meno bluff di tutti gli altri.