La carica dei quarantasette indagati
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Altro assurdo capitolo della vicenda giudiziaria della Tirreno Power
di Redazione | 24 Gennaio 2015 ore 06:30 Foglio
Le conseguenze del sequestro della centrale elettrica Tirreno Power di Vado Ligure sono ormai grottesche. Sarebbero arrivate a quarantasette le persone indagate dalla procura di Savona tra funzionari del ministero dell’Ambiente, della regione Liguria (compreso il presidente Claudio Burlando), i sindaci dei comuni su cui insiste la centrale. I reati sono solo ipotizzabili, non c’è notifica, la notizia è stata diffusa alla stampa in questi giorni (risale a gennaio). Non sono un segreto i metodi eterodossi del procuratore Francantonio Granero. Chi s’è occupato di redigere o aggiustare l’Autorizzazione integrata ambientale che avrebbe potuto accelerare la riapertura del sito – ormai le speranze sono poche – è stato convocato d’urgenza e sottoposto a interrogatorio. Eppure l’autorità giudiziaria dovrebbe stare lontana da un processo burocratico che attiene a enti locali e governo (a maggiore ragione se l’inchiesta doveva essere chiusa a dicembre, ma tant’è, è stata prorogata). S’innova dunque la prassi per non ammettere pubblicamente che l’intera inchiesta è disegnata sull’acqua? Le perizie degli “esperti” sono state sconfessate da studi e controstudi, ma basti la prova empirica: da quando la Tirreno è chiusa, l’inquinamento è aumentato. Non ci si aspetta un atteggiamento liberale da un magistrato, ma sarebbe opportuno chiudere immediatamente l’inchiesta, conoscere tutte le carte, altrimenti verrebbe da pensare che al centro del procedimento ci sia solo un reato di lesa maestà.