Renzi dorma tranquillo, l'ennesima rifondazione
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comunista non ci sarà
di Sergio Soave Italia Oggi 21.1.2015
La vicenda controversa delle primarie democratiche liguri, che segue altre situazioni che avevano creato polemiche, ha portato Sergio Cofferati, già segretario generale della Cgil, a contestare il verdetto che lo ha visto sconfitto fino a trarne la conclusione dell'uscita dal partito che pure aveva contribuito a fondare. È l'episodio più rilevante di una specie di emorragia che porta singole personalità della sinistra del Pd ad allontanarsi dal partito, forse in sintonia con un'emorragia più consistente, quella registrata nelle recenti elezioni regionali soprattutto in Emilia-Romagna, con una crescita clamorosa dell'astensionismo.
Non si tratta di una classica scissione, come le tante che hanno caratterizzato la storia della sinistra italiana a cominciare da quella comunista di Livorno, consumatasi nel 1921, proprio nella data odierna.
Quelle scissioni avevano quasi tutte uno sfondo essenzialmente internazionale, mentre il dissenso della sinistra democratica riguarda questioni fin troppo domestiche, come appunto il regolamento delle primarie o un comma della legge elettorale. Finché non si presenterà una prospettiva internazionale, magari quella del populismo antieuropeo di Syriza in Grecia e di Podemos in Spagna, difficilmente la dissidenza assumerà il carattere di una vera e propria formazione politica.
In ogni caso, proprio per il carattere che avrebbe quella formazione, l'ala fondamentale dell'opposizione interna al Pd, quella che fa capo a Pierluigi Bersani, difficilmente ci si farà trascinare. Questa situazione di incertezza lascia a Matteo Renzi l'iniziativa, agli altri un oscuro gioco di sponda che si farà valere nel voto segreto, specialmente quello per il presidente della Repubblica.
Anche Cofferati, che ha usato termini molto forti per definire lo stato della democrazia interna del Pd ed è arrivato a chiedere un intervento della magistratura, non sembra intenzionato a guidare una vera scissione, che peraltro lo porterebbe a diventare ostaggio delle posizioni antiriformiste, come quelle della Fiom che ha combattuto duramente durante la sua esperienza sindacale, o di quelle antieuropeiste che non collimano di sicuro con una persona che nei momenti duri della tensione interna ai Democratici di sinistra, si schierò con Giorgio Napolitano. Finché la prospettiva a sinistra del Pd resta quella dell'ennesima rifondazione di una rifondazione comunista, già fallita più volte, Renzi può dormire tra due guanciali, anche perché all'impotenza della presunta opposizione interna si somma l'inconcludenza dell'ancora più presunto raggruppamento moderato alternativo.
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