Patto sempre patto fortissimamente patto
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Al dunque s’è visto che alternative al patto del Nazareno non ce ne sono, perfino in un Senato neghittoso, che tracima voglie vendicative.
di Giuliano Ferrara | 21 Gennaio 2015 ore 06:30 Foglio
Bastava insistere e spremere le intelligenze del premier e del suo predecessore, l’augusto predecessore. Il patto è nella linea dei grandi compromessi politici che hanno fatto l’Italia unita (connubio Cavour-Rattazzi a metà Ottocento) e che l’hanno rifatta come Repubblica il secolo scorso (svolta di Salerno pro monarchia del comunista Togliatti, voto favorevole all’articolo 7 Cost. che recepisce il concordato). Saranno anche tempi più dimessi, d’accordo, ma ci voleva un cambio generazionale, ci voleva una nuova leadership, era necessario ratificare il cambio di passo della sinistra dopo le grossolanità classiste rottamate dal puffo e poi dal putto, e uno spirito di pacificazione che consentisse un’alternanza senza piazzale Loreto alla guida dello stato. Ecco.
Berlusconi ha avuto la tempra di sottrarsi alla sua vena barricadera e propagandistica, Renzi ha avuto il talento di fottersene delle apparenze e di badare al sodo e di prendere il potere svolgendo fino in fondo l’assunto di un’Italia che non è quella dei girotondi. Non era scontato. L’establishment più pigro del mondo ha giocato sostanzialamente contro, c’è stato un sì condizionato e condizionante del gruppo editoriale De Benedetti, ma solo qui nel Foglio avete trovato svolte, senza encomio e senza noiose e pasticciate politologie di quart’ordine, un’apologia del possibile, un “giù le mani dai nazareni” che salva il meglio del berlusconismo e sostiene il meglio del renzismo.
Ora è si passa al voto del presidente della Repubblica e in prospettiva della piena riabilitazione alla politica del Cavaliere dimezzato. Certe giornate danno l’idea che sarà un percorso a ostacoli ma non impossibile. Congratulazioni.