Cassare l'Humanae Vitae non basta, ora il vescovo Bonny
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vuole il sì alle nozze gay
di Matteo Matzuzzi | 30 Dicembre 2014 ore 09:05 Foglio
Roma. “La chiesa deve riconoscere la relazionalità presente nelle coppie formate da persone dello stesso sesso”. La richiesta arriva dal vescovo di Anversa, mons. Johan Bonny, dalle colonne del quotidiano in lingua fiamminga De Morgen. Non c’è tanto da discutere, dice, basta studiare i quadri di tutela giuridica già presenti in molti paesi del mondo e quindi introdurli nella chiesa: “Troppe persone sono state escluse per troppo tempo”, ha aggiunto, facendo sapere che la sua proposta è stata già consegnata in Vaticano lo scorso settembre: “Ogni individuo vuole vivere la propria esistenza in termini di relazioni, amicizia, famiglia ed educazione dei bambini”, ha messo nero su bianco nella lettera spedita a Roma, in cui ricordava i fin troppi “traumi” e “feriti” dovuti alla discriminazione. Per il presule bisogna farla finita con il “dogma della chiesa” che concede l’esclusività unicamente alla relazione tra uomo e donna: “I valori intrinseci sono per me più importanti della mera questione istituzionale. L’etica cristiana si basa su relazioni durature dove esclusività, fedeltà e la cura per l’altro sono centrali”. Poco importa, dunque, il sesso dei partner. Siamo nella modernità, sottolinea mons. Bonny, e bisogna adeguarsi. La posizione del vescovo d’Anversa ha trovato immediato il plauso del rettore dell’università cattolica di Lovanio, Rik Torfs. Quest’ultimo parla di un “punto di svolta” storico, notando che “Bonny auspica un cambiamento dei principi ritenuti per lungo tempo incrollabili, qualcosa che sotto il pontificato di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI nessun vescovo poteva permettersi di fare”.
Cinquantanove anni, già collaboratore del cardinale Walter Kasper al Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, Johan Bonny è considerato il candidato favorito alla successione dell’attuale arcivescovo di Bruxelles, il primate André-Joseph Léonard. Orientamento opposto a quest’ultimo – che lo scorso gennaio ordinò di aprire le chiese a notte fonda per organizzare veglie di preghiera contro la legge che estendeva l’eutanasia ai bambini – Bonny è assai vicino alle posizioni del cardinale Godfried Danneels. Nell’imminenza dell’apertura del Sinodo straordinario sulla famiglia dello scorso ottobre, mons. Bonny aveva dato alle stampe un opuscolo plurilingue redatto “a titolo personale e in qualità di vescovo dell’Europa occidentale” in cui quasi supplicava i padri sinodali e il Papa stesso di far carta straccia dell’Humanae Vitae di Paolo VI. Con quell’enciclica, Montini “andò contro il parere della commissione di esperti da lui stesso nominata, della commissione di cardinali e vescovi che avevano lavorato su questo tema, della grande maggioranza dei teologi morali, dei medici e degli scienziati, delle famiglie cattoliche”. Un tradimento del Concilio, “che aveva previsto che il Papa prendesse una decisione in relazione al problema della popolazione, della famiglia e delle nascite, ma non aveva affatto previsto che lui abbandonasse la ricerca collegiale del maggior consenso possibile”. E i postumi di quella ferita, notava il vescovo di Anversa, si sentono ancora oggi, dal momento che c’è troppa distanza tra “l’insegnamento morale della chiesa e la visione morale dei credenti”. Per accorgersene è sufficiente prendere in mano la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II, l’esortazione apostolica successiva al Sinodo sulla famiglia del 1980. In quel testo, dice il presule belga, “non c’è che un piccolo accenno al giudizio personale della coscienza circa il metodo della pianificazione familiare e del controllo delle nascite. Tutto, lì, è posto nel segno della verità del matrimonio e della procreazione così come la chiesa la insegna, unitamente all’obbligo che hanno i credenti di far propria questa verità e di metterla in pratica”.