L’agroalimentare spacca Confindustria

Confindustria si spacca sull’art. 62 e rischia anche la scissione sull'obbligo di

contratti in forma scritta e pagamenti in tempi certi nelle forniture di prodotti agroalimentari.

Di Luigi Chiarello, Italia Oggi, 8/4

 Dopo il sostegno esplicito di viale dell'Astronomia al parere del legislativo del ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, che considera «implicitamente abrogato» l'articolo 62 della legge 27/2012 - per via del successivo recepimento nell'ordinamento nazionale della direttiva Ue sui pagamenti (2011/7/Ce, attraverso il dlgs 192/2012) - il presidente di Federalimentare, Filippo Ferrua Magliani, ha preso carta e penna e ha scritto una missiva di protesta al presidente di Confindustria.

Il tutto all'indomani dell'endorsement che la stessa Confindustria ha fatto a sostegno della posizione di via Veneto. E contro la secca smentita resa dal legislativo delle Politiche agricole, che martedì scorso ha ribadito la piena vigenza dell'articolo 62 (si veda ItaliaOggi dell'1 e 2 aprile 2013). ItaliaOggi ha intercettato la lettera di Ferrua. In essa il capo dell'organizzazione di rappresentanza delle aziende agroalimentari chiede conto direttamente a Giorgio Squinzi della «posizione reiteratamente comunicata da Confindustria (sull'art. 62, ndr)», intervenuta «senza alcun coordinamento su una materia», scrive Ferrua, «che penso di poter dire, sia di competenza del sistema federativo che ho l'onore di rappresentare».

Cioè di Federalimentare. Di più: dopo aver rivendicato il lavoro svolto dalla sua organizzazione negli ultimi sette anni nella elaborazione del nuovo quadro giuridico e aver ribadito l'attività fatta per mitigarne gli effetti negativi sulle imprese, Ferrua chiede a Squinzi di «sospendere fin da subito attività di lobby e comunicazione sull'art. 62 che, come vedi», scrive, «oltre a essere tardive, non ottengono il risultato sperato e possono apparire in contrasto con le determinazioni assunte liberamente dalle rappresentanze in seno alla Federazione».

Va detto che l'azione di Ferrua è solo la punta dell'iceberg. Le posizioni di contrasto all'articolo 62 assunte da Confindustria, oltre a generare i mal di pancia degli industriali di settore, riecheggiano le minacce di rottura, già manifestate da un'altra organizzazione aderente a Confindustria, Centromarca. Il cui presidente, Luigi Bordoni, non più tardi di tre mesi fa, per l'esattezza il 24 gennaio scorso, ha paventato l'uscita da Confindustria della sua organizzazione. Una rottura mai rientrata e, allora, causata dalla richiesta ufficiale di viale dell'Astronomia, al governo che verrà, di aumentare di due punti percentuali le aliquote base Iva del 4 e del 10%, in cambio di una rimodulazione al ribasso della tassazione Irpef.

Ma questa istanza, prevista dal piano di sviluppo elaborato da Confindustria, oltre a innescare un aumento dell'imposizione fiscale sui consumi, si somma alla contestuale inazione della stessa organizzazione verso l'esecutivo, sul fronte dell'incremento dell'aliquota ordinaria Iva. Che a luglio passerà per legge dal 21 al 22%. Come detto, la minaccia di Bordoni da allora non è mai rientrata. Di più: a essa, mercoledì scorso, si è sommata la dura presa di distanza che proprio Centromarca ha assunto a difesa dell'articolo 62 e contro l'indirizzo generale di Confindustria.

A conti fatti la possibile scissione è tutta sul tavolo di Squinzi, aggravata dagli ultimi sviluppi sui pagamenti nell'agroalimentare. Di più. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, anche i vertici Mineracqua sarebbero in aperta rottura con l'indirizzo assunto da Squinzi sull'articolo 62, mentre un'industriale importante come Mario Preve, presidente di Riso Gallo, avrebbe già minacciato la sua fuoriuscita dall'organizzazione degli industriali, per protesta contro la mancata difesa dell'art. 62.

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