“Paradisi fiscali” Smascherati società e fondi
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Un pool di 86 giornalisti di 46 nazioni scoperchia “l’economia ombra”:
migliaia di nomi su Internet
Due milioni e mezzo di documenti su oltre 120 mila società e fondi di 170 nazioni per un valore stimato fra 21 e 32 trilioni di dollari, l’equivalente della somma dei pil americano e giapponese: è la radiografia di «Offshore leaks», la più grande mole di documenti sui paradisi fiscali a diventare pubblica che, misurata in gigabytes, è 160 volte superiore ai files del Dipartimento di Stato americano svelati da Wikileaks nel 2010.
Il blitz cibernetico è firmato dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij) del «Center of Public Integrity» di Washington, che al termine di 15 mesi di indagini ha trovato un varco nella protezione dei paradisi fiscali, dalle isole Vergini nei Caraibi alle isole Cook nel Pacifico, impossessandosi dei database di due società offshore - Portcullis TrustNet di Singapore e la Commonwealth Trust Limited delle isole Vergini - grazie ai quali ha ricostruito un network di transazioni, legali e non, che copre 30 anni, si estende sull’intero pianeta ed è stato esaminato da 86 reporter di 46 nazioni.
Il risultato è un terremoto di rivelazioni che investe oligarchi, finanzieri, imprenditori, professionisti, nomi noti e semplici cittadini in più continenti. Fra i volti più conosciuti c’è Maria Imelda Marcos Manotoc, figlia maggiore dell’ex dittatore filippino, beneficiaria di un fondo alle Virgin su quale ora Manila indaga nel timore che sia frutto della corruzione del padre. Dalle Cook esce il nome di Tony Merchant, uno dei più noti avvocati del Canada, sposato d una senatrice: pagava le spese bancarie spedendo liquidi in buste non intestate per celare l’esistenza di un fondo che nel 1998 valeva un milione di dollari. In Russia la moglie del vicepremier Igor Shuvalov e due top manager del gigante energetico Gazaprom avevano investimenti alle Virgin al pari del vicepresidente del Parlamento mongolo, Bayatsogt Sangajav, fra i pochi ad aver reagito annunciando le dimissioni.
Gli americani coinvolti sono circa 4.000, tra cui Denise Rich, moglie del finanziere Marc perdonato da Bill Clinton, titolare di un fondo alle Cook di 144 milioni di dollari, che include lo yacht Lady Joy spesso adoperato per accogliere stelle di Hollywood. James Mellon, autore di una biografia su Abramo Lincoln e discendente dal banchiere Thomas Mellon, è al centro di una rete offshore basata in Liechtenstein ma, parlando dall’Italia, nega di aver mai «violato una legge fiscale». Il tycoon kazako Mukhtar Abliyazov è al centro della creazione, fra il 2006 e 2007, di 31 società offshore dove potrebbe aver depositato fino a 5 miliardi di dollari, mentre lo spericolato finanziere di Wall Street Paul Bilzerian e il manager di fondi Raj Rajaratnam - entrambi detenuti negli Stati Uniti - sono fra i 30 americani coinvolti in riciclaggi a Singapore.
I nomi degli italiani sono circa 200 e «L’Espresso» ne anticipa quattro: Gaetano Terrin, ex commercialista dello studio Tremonti; Fabio Ghioni, hacker nello scandalo Telecom; i commercialisti Oreste e Carlo Severgnini, ex consiglieri di Stefano Ricucci. Inoltre il trust delle Cook «Silvana Inzadi in Carimati di Carimate» intreccia tre famiglie, inclusi «i Pederzani». Attorno al dittatore dello Zimbabze Robert Mugabe ruotano l’imprenditore Muller Conrad Rautenbach e il ministro thailandese Nalinee Taveesin, mentre l’Iran compare con la «Tamalaris Consolitated Limited», accusata di violare le sanzioni, e altri documenti imputano alle banche Ubs, Deutche Bank e Clariden di aver creato migliaia di società di comodo, consentendo ai clienti di operare nei paradisi fiscali.
Alla Grecia vengono poi ricondotte almeno 100 società fantasma, inclusa quella che ha ristrutturato lo yacht degli Onassis che ospitò anche John F. Kennedy.
MAURIZIO MOLINARI, CORRISPONDENTE DA NEW YORK, La Stampa 5/4