Sarà Renzi a decidere il successore di Napolitano.
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Bersani, che sperava in Prodi, incassa l’ennesima sconfitta .
Dieci senatori, una cinquantina di deputati. Matteo Renzi prepara le sue truppe. Sono i suoi fedelissimi, appena il 15% di tutti i parlamentari eletti nelle fila del Pd eppure, se a questi aggiungiamo qualche delegato regionale di fede renziana, il divertimento sarà assicurato. Come? Ma certo: saranno proprio quelli che faranno da ago della bilancia per l’elezione del prossimo presidente della Repubblica. Ebbene sì. Bastano loro, ovviamente organizzati dall’occhio vigile del Sindaco di Firenze, per fare in modo che svanisca il sogno di eleggere al Colle più alto di Roma un uomo di fiducia di Pier Luigi Bersani.
E per l’occasione sembra proprio che il Matteo nazionale abbia messo in moto fior fiore di costituzionalisti per essere fisicamente presente e partecipe all’elezione del successore di Napolitano. Un’ipotesi fatta trapelare sul Corriere fiorentino e sulla Nazione che prevede che Renzi possa essere indicato tra i nomi dei tre delegati che il consiglio regionale toscano spedirà in Parlamento per eleggere il successore di Giorgio Napolitano. Una novità, rispetto alla prassi per cui, di norma, vengono mandati il presidente del consiglio regionale, il governatore e un vicepresidente di opposizione. Un prassi ma che nessuno vieta di cambiare dato che la Costituzione all’articolo 83 dice: “All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze”. Quindi è fatta. Ed è proprio una preposizione articolata a fare il gioco di Matteo: tutto ruota attorno a quel eletti “dal” consiglio regionale e non “nel” consiglio regionale.
E così basta passare dalle chiacchiere ai fatti per capire che nelle parole di oggi di Renzi, rilasciate nell’intervista al Corriere della Sera, c’è il chiaro intento di far fallire l’ennesimo negoziato messo in piedi da Bersani per riscattarsi dall’insuccesso ottenuto con la mancata formazione del suo governo . Sta infatti nelle cose che sia proprio l’ex premier Romano Prodi ad essere il candidato bersaniano al Colle. Un nome di rilievo che, grazie ad un’amicizia di lungo tempo con Beppe Grillo, potrebbe attirare anche il voto favorevole dei 5Stelle. Ma quel nome non piace proprio a Renzi primo perché con Prodi al Colle Bersani potrebbe ricevere quall’agognato incarico formale di andare a prendersi il voto di fiducia in Parlamento ma soprattutto, l’elezione del Professore segnerebbe una inevitabile e insanabile rottura nei rapporti tra l’area di centrodestra, da sempre ostile a Prodi, e il Pd. Due punti che Renzi vuole evitare a tutti i costi e che nelle ultime ore sembra non raccogliere i consensi anche tra alcuni bersaniani (si parla che complessivamente le truppe anti prodiane siano già a quota 120 parlamentari)che nel segreto dell’Urna potrebbero diventare dei “franchi tiratori”.
Intanto per scaldare gli animi e far capire che nessuno sta scherzando sono proprio i senatori del Pd di area "renziana" a compiere un atto che la dice lunga sulla compattezza del gruppo, soprattutto a Palazzo Madama. E così Andrea Marcucci, Rosa Maria De Giorgi, Stefano Collina, Nadia Ginetti, Roberto Cociancich, Laura Cantini, Mauro Del Barba, Isabella De Monte, Stefano Lepri e Mario Morgoni. hanno presentato oggi un disegno di legge per l'abrogazione dei rimborsi elettorali ai partiti. "Va interamente abrogato perché rappresenta una forma impropria di finanziamento pubblico alla politica. Il meccanismo disciplinato dalla legge attualmente in vigore, non fa infatti alcun riferimento alle spese sostenute dai partiti nelle competizioni elettorali ma eroga un finanziamento sulla base dei voti ricevuti". Insomma, il “capo” detta la linea, loro, eseguono. Il Portaborse , 4/4