Obama riforma i droni: un tocco per la trasparenza

Il senso politico del passaggio di consegne dalla Cia al Pentagono

New York. “Barack Obama è preoccupato per la sua legacy. Non vuole che i droni diventino la sua Guantanamo”. Il titolare di un tale dono della sintesi è un ex consigliere di Obama che ha parlato, in forma anonima, al giornalista Daniel Klaidman del Daily Beast. Lunedì Klaidman ha scritto che l’Amministrazione sta meditando di togliere le operazioni con gli aerei senza pilota dal controllo della Cia per affidarle al Pentagono, uno spostamento decisivo nella complicata geografia legale dei “targeted killing” ordinati sotto l’egida di un premio Nobel per la Pace con impressionante regolarità in Pakistan, Yemen e Somalia, paesi de facto infestati da terroristi di varie specie ma formalmente alleati degli Stati Uniti. Nel nuovo assetto che l’Amministrazione potrebbe varare nel giro di un anno, stando alle fonti governative citate da Klaidman, tutti i bombardamenti mirati con i droni saranno regolati dal titolo decimo del codice federale – quello che codifica le attività militari – e sottratti al titolo cinquantesimo, che invece regola le operazioni d’intelligence.

Il processo di “istituzionalizzazione” dei droni, come viene chiamato nei corridoi della Casa Bianca, è una concessione di Obama a chi chiede trasparenza nella gestione dei bombardamenti telecomandati. Dagli attivisti per i diritti civili ai libertari come Rand Paul – il senatore che ha parlato per tredici ore consecutive in Aula nel tentativo di bloccare la nomina al vertice della Cia di John Brennan, che del programma dei droni è mente e braccio – sono arrivate richieste di trasparenza sui criteri con cui il governo seleziona gli obiettivi e sulle giustificazioni legali che l’Amministrazione non è tenuta a condividere con il Congresso. Una concessione, benché più formale, Obama l’aveva già fatta accettando di mostrare alla commissione Intelligence del Senato il documento con cui i legali del governo difendono la legittimità degli attacchi. Il passaggio di consegne al Pentagono sarebbe il compimento di un’operazione che molto ha a che vedere con la percezione pubblica del tema dei droni. Nell’immaginario collettivo la Cia odierna è un angolo buio della legalità dove sinistri funzionari dirigono la nuova guerra al terrore. La Cia non ha regole d’ingaggio pubbliche, agisce nella zona grigia della discrezionalità, fa indagini ed emette sentenze di morte senza passare attraverso la porta sacra dell’“accountability”, il dovere di rispondere al popolo sovrano. Qualche giorno fa Jeh Johnson, ex consigliere del Pentagono che ha visto dall’interno il travaglio legale sui droni, ha detto che la politica di Obama “rischia di perdere il sostegno della gente”. Tecnicamente la Cia guida operazioni “coperte”, ben distinte da quelle “clandestine” del Pentagono: il contenuto di entrambe è segreto, ma il governo può legittimamente negare l’esistenza delle operazioni di intelligence. Negare o mentire circa un’operazione del Pentagono è invece faccenda gravida di conseguenze. Ironia: i droni, gli strumenti scelti da Obama per condurre una guerra pulita, sterilizzata, il rovesciamento dei temuti eccessi militari dell’èra Bush, sono diventati il simbolo della consuetudine controversa di ricorrere a misure straordinarie ogni volta che il tradizionale iter legale si mostra insufficiente. E la nomina di Brennan ha esulcerato la contraddizione.

La trasparenza percepita

Nel discorso sullo stato dell’Unione il presidente ha promesso di negoziare con il Congresso per rendere le operazioni di “targeting” dei terroristi “più trasparenti” e qualche tempo dopo Brennan ha spiegato, sotto giuramento, che sotto la sua guida la Cia diminuirà le attività paramilitari per tornare alla sua vocazione originale, raccogliere informazioni. In questo senso va letto anche il report, svelato ieri dal Washington Post, secondo cui a forza di concentrarsi sui droni l’agenzia di Langley ha fatto enormi passi indietro con “l’intelligence umana” in angoli chiave del mondo come Cina e medio oriente. Matthew Waxman, ex consigliere legale del Pentagono, fa notare su Foreign Policy che la riforma obamiana è significativa dal punto di vista simbolico, ma in termini operativi non cambia granché: le operazioni saranno condotte dal Joint Special Operations Command, che gode di livelli di segretezza paragonabili a quelli della Cia. Ma il problema politico di Obama è nella percezione della trasparenza: il presidente non può permettersi una nuova Guantanamo.

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