I grillini telecomandati

L’illusione del protagonismo, i messaggi in codice, le ragioni degli scissionisti.

I grillini e la cronaca da un’assemblea emiliana. La rete è politica perché cambia le relazioni e cambiando le relazioni cambia anche gli equilibri e riposiziona le persone. E se questo è vero per un’azienda lo è ancora di più per un sistema paese”, dichiarava Gianroberto Casaleggio in un’intervista del 2001. Forse queste parole andrebbero pesate più di quanto si creda. Non a caso in questi giorni la risposta degli attivisti grillini, ogni volta che si apre una botola sul passato di Grillo e Casaleggio, è stata: “E’ solo la macchina del fango”. Non sono scalfiti dalle 13 società intestate al guardiaspalle di Grillo in Costa Rica, paese nel periodo in oggetto nella black list dell’Ocse per il narcotraffico (se si fosse trattato di Berlusconi ne avrebbero chiesto le dimissioni immediate). E Casaleggio resta un “ottimo manager”, parole di Grillo, anche con i clamorosi buchi di bilancio passati (15 milioni di euro su 26 di fatturato) per le dispendiose strategie di manipolazione aziendale. Così siamo andati ad ascoltarli in un’assemblea che due neo parlamentari, Adele Gambaro ed Elisa Bulgarelli, hanno indetto a Bologna per “chiacchierare” della situazione politica, così scrivono, con i propri elettori. Un approccio alternativo alla linea nazionale, quello delle due neo elette emiliane.

Il retroscena di queste ultime settimane ce lo rivelano però altre fonti interne. I parlamentari sono lasciati a Roma in balia degli eventi. Sono per lo più giovani, inesperti e impauriti. In questi giorni tutti pensano che si siano riuniti per discutere l’appoggio o meno a un governo. Ma non c’è stata alcuna discussione. Ogni volta che in assemblea collettiva qualcuno accenna al tema, i Casaleggio’s (gli uomini più vicini al Gianroberto nazionale) intervengono cambiando argomento e indirizzando la discussione altrove. A seguire i diktat improvvisi e trancianti dei due capi che sul Web con un tweet o un post sparano a zero su ogni possibilità di mediazione. E il terrore corre sul filo.

Alcuni parlamentari fanno capire che le discussioni, quando avvengono, si svolgono negli alberghi e tra gruppi ristretti. Sono preoccupati. Pensano che non si voglia discuterne volutamente, facendo in modo che non possa maturare una scelta condivisa. Qualcun altro, non solo sui media, ma arrivando direttamente a Grillo con degli sms, ha paventato la possibilità di far esprimere gli elettori grillini. Da lì la reazione infuriata prima di Casaleggio e poi di Grillo stesso che hanno lanciato l’aut aut: “Se si prendessero altre strade abbandoneremmo la politica”, hanno dichiaratoi due.

La strategia  è facile e comprensibile. Non c’è possibilità di gestire un gruppo così grande se non con un piccolo drappello di parlamentari fidati che controlla la situazione, e mantenendo un clima di “terrore” tra i membri del gruppo allargato. Tenendo i più completamente all’oscuro da qualsiasi decisione di peso, senza informazioni né indicazioni su cosa fare anche quotidianamente, la paura è amplificata. E così, anche le confidenze, possono diventare pericolose. Già adesso nessuno si fida più di nessuno, e con la tensione a mille tutti sono costretti a ripetere a pappagallo la stessa sinfonia dei capi.

Le giornate romane dei parlamentari si snodano tra pratiche burocratiche e problemi logistici, tra considerazioni strampalate su strategie improbabili e gaffe quotidiane in cui inciampare. Non a caso il deputato Paolo Bernini, dopo l’esposizione mediatica per le valutazioni sui microchip nei corpi umani, si è beccato la febbre alta nel fine settimana e la preoccupazione degli “amici”. Amici, sì. Infatti, per capire le dinamiche interne dei grillini bisogna comprendere che le idee e le valutazioni politiche sono sempre un elemento secondario rispetto all’amicizia. I gruppi interni non sono aggregati su base ideologica ma su base amicale e territoriale. Ed è proprio nella riunione di Bologna che si nota quanto abbia peso la scelta in controtendenza delle due parlamentari emiliane: aprire alla base mentre tutto il movimento si chiude a riccio e stenta a dichiarare. In questo senso alla riunione di Bologna manca tutto il gruppo locale di stretta osservanza casaleggese, che ne tiene le redini da anni (Massimo Bugani, Nick il nero, Marco Piazza, Serena Saetti).

La riunione è indetta in un luogo di ritrovo del Movimento 5 stelle, il circolo Mazzini. Inizialmente è aperta a tutti, anche ai giornalisti. Poi improvvisamente si cambia. I giornalisti devono uscire. Sono dei manipolatori: “Parlano male di noi”, dicono alcuni in sala. Altri vogliono che restino. Le due parlamentari minacciano di andare via. Usciamo dalla sala ma non è difficile sapere cosa si sia detto dentro.

All’assemblea partecipano circa 150 persone. Tutto si svolge con fare educato e costruttivo. Molti dei presenti non sono attivisti, altre volte hanno votato centrosinistra o non si sono mai interessati di politica. Adesso hanno scelto il Movimento. La questione principale è la fiducia al governo. “Bravi, complimenti, adesso avete una grossa responsabilità e voi… dovete cercare una soluzione” è il discorso più ripetuto. Oppure il refrain: “Siamo con voi ma adesso cosa facciamo?”.

Dopo una raffica di domande tutte sullo stesso tono le due parlamentari fanno capire la posizione maturata a Roma. “Il Movimento 5 stelle non darà mai la fiducia a un governo Pd. Dare anche un appoggio con l’astensione vuol dire allearsi”, dice la Gambaro. La Bulgarelli annuisce. “Ma adesso avete la responsabilità del paese. Non possiamo soltanto fare opposizione ad oltranza!” chiede un ragazzo brizzolato. “Facciamo qualcosa di costruttivo adesso, il paese non si regge in piedi”, aggiunge un altro. “Tra dare la fiducia e non dare la fiducia ci sono tante altre strade”, replica la Bulgarelli.

La soluzione arriva presto. Si capisce che ci vorrebbe un governo extra partiti che faccia subito alcuni interventi legislativi come il conflitto di interesse, la riduzione del numero dei parlamentari, l’abolizione dei privilegi, ecc. Poi la strada. “Il Movimento darà a Napolitiano i suoi punti programmatici chiedendo di rispettarli e trovare una soluzione tecnica”. “Adesso però dovete darci una mano”, ripetono le due parlamentari. “Sì, ma come facciamo a darvi una mano?”, chiedono i molti presenti. E quindi le domande tra chi dice che “c’è troppa libertà di espressione in Italia” e chi vede “nell’articolo 67 un eccesso di autonomia dei parlamentari”. O anche chi dissente: “Ma no. E’ un modo per ogni membro del Parlamento di essere libero dal partito e dai propri capi, cioè al servizio dei cittadini”. E poi un profluvio di interventi su leggi da fare e interventi fondamentali. Domande e proposte a cui le parlamentari dicono di non saper rispondere. Si informeranno e risponderanno la prossima volta. Alle 23 e 15 l’assemblea si scioglie senza sintesi né appuntamenti ulteriori.

L’unica cosa che resta è questo strano rito, così diverso da quello dei partiti che fa emergere, quanto teorizzava proprio Casaleggio: il riposizionamento delle persone. Il laureato disoccupato viene riposizionato in Parlamento così come il cittadino che non si è mai interessato di politica partecipa alla discussione di un movimento al 25 per cento. Tutti possono essere protagonisti. Tutti possono sentirsi importanti o almeno avere questa illusione, passando dal divano di casa direttamente nel luogo che decide la storia del paese. Ma la vera sfida adesso è capire se, prima o poi, questo tentativo di rivoluzione si libererà dal controllo ossessivo di Casaleggio e Grillo.

di Antonio Amorosi, 13/3

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