In Veneto la vera sfida è tra Carroccio e Pdl

Attesa per il risultato dopo il sorpasso leghista alle amministrative del 2010. 

Il centrodestra è il grande favorito. Stefano Filippi - Lun, 25/02/2013 - 09:0, Il Giornale

I sondaggi concordano: il Veneto è l'unica regione che la coalizione Pdl-Lega può dare per acquisita. Lo fanno intendere anche due leader del centrodestra veneto come il capolista pidiellino nel collegio Veneto 2 Renato Brunetta e il segretario regionale leghista Flavio Tosi.

A meno di capovolgimenti dell'ultima ora, il dubbio riguarda soltanto il risultato del derby tra i due partiti. Chi di loro prevarrà? E in quale misura?

Cinque anni fa, alle precedenti politiche, l'asse Lega-Pdl ebbe il 54 per cento. Fu un testa a testa in cui prevalse il Pdl per 7.500 voti su complessivi 1.670.000 suffragi di coalizione. Nei due collegi veneti il Carroccio ebbe 16 deputati e 7 senatori, il Pdl rispettivamente 15 e 8: in tutto 23 a testa. Due anni dopo, alle regionali, il risultato fu ben diverso perché la Lega, trascinata dal candidato governatore Luca Zaia, toccò il 35,2 per cento lasciando il 24,7 al partito di Silvio Berlusconi. Fu un sorpasso storico, che fece del Veneto la prima regione leghista d'Italia, più ancora della Lombardia. Ma la competizione favorì la coalizione, perché i due partiti assieme arrivarono alla soglia del 60 per cento.

Oggi la situazione è ben diversa, con i due partiti nemici-amici che si presentano al voto entrambi sulla difensiva e non solo perché il loro consenso è eroso da Grillo e Giannino: soprattutto quest'ultimo ha trovato terreno favorevole nel «popolo delle partite Iva» che rappresenta ancora la spina dorsale del Nordest.

Tosi ha avviato da tempo il tentativo di erodere l'elettorato pidiellino disgregando il partito di Berlusconi e Alfano. Un anno fa, per il rinnovo della sua poltrona di sindaco a Verona, mise in piedi una lista civica priva di connotati padani che ebbe più voti del Carroccio stesso, ma soprattutto lasciò al Pdl meno del 10 per cento. È la stessa strada intrapresa ora da Roberto Maroni in Lombardia, che accanto al tradizionale Sole delle Alpi ha schierato una lista civica di appoggio. L'obiettivo è trasformare la Lega in partito territoriale, rappresentante degli interessi trasversali del Nord, senza più il folclore celtico e gli eccessi antimeridionalisti ma capace di guardare la situazione di imprenditori e artigiani e catalizzare il malcontento di una popolazione che qualche anno fa faceva gridare al «miracolo Nordest» e ora è schiacciata tra crisi economica e mercati globali.

È una metamorfosi che non risparmia lo stesso Carroccio, chiamato a trasformarsi profondamente dopo gli scandali che hanno travolto il «cerchio magico» che ruotava attorno a Umberto Bossi. Tosi ha fatto terra bruciata dei bossiani nelle liste per le nuove Camere scatenando malumori soprattutto tra Padova e Venezia. Mercoledì sera ha radunato a Verona i suoi fedelissimi nel salone della Fiera: c'erano duemila persone per 750 posti a sedere. Il sindaco scaligero non voleva l'accordo con Berlusconi: preferiva andare subito per la sua strada. Ma ha accettato la soluzione proposta da Maroni.

Il tempo gioca tutto a suo favore, soprattutto se le urne venete gli regaleranno un buon risultato. Se Bobo sarà il nuovo governatore lombardo lascerà il partito «a un giovane», e il candidato numero uno è Tosi. Se uscirà sconfitto da Ambrosoli, finirà sotto processo interno a tutto vantaggio di chi non voleva il patto con il Pdl. Cioè, ancora Tosi. Il quale dunque affila le armi per trasformare la Lega sul modello della Csu bavarese. Sarebbe già pronta anche la sigla: Pin. Che non è un codice per telefonini ma l'acronimo di «Prima il Nord», slogan di successo.

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