Pdl, gli ex An verso la scissione
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Gli oltre 300 parlamentari del Pdl sono consapevoli che il loro futuro è appeso a un filo
e che in pochi possono aspirare a un posto in Paradiso anche nella prossima legislatura. Silvio Berlusconi, intervistato da Maurizio Belpietro, lo ha detto chiaro e tondo: "Ho intenzione di ricandidare al Parlamento solo il 10% dei vecchi eletti". Il partito è in fibrillazione per la riduzione dei posti. Ma non solo. Da Strasburgo si è levato un coro anti-Cav: i "montiani" si fanno sentire anche in Europa.
Verso la scissione - Ma oltre alle fibrillazioni già in essere per la certa riduzione dei posti a disposizione, viste le percentuali che il Pdl potrebbe incassare alle urne, si aggiunge ora il timore - se non la certezza per molti - di non rientrare in quel 10% indicato oggi da Silvio Berlusconi come quota massima riservata ai deputati e senatori da confermare. Parole che, nonostante la successiva precisazione da palazzo Grazioli, hanno subito fatto scattare l’allarme rosso tra i pidiellini, imprimendo un’accelerazione all’addio degli ex An: una decisione che potrebbe, secondo fonti Pdl, arrivare già domani, mercoledì 12 dicembre, con tanto di annuncio in serata, dopo una riunione nella sede della fondazione Italia Protagonista. Un addio che, però, nelle ultime ore tutto sembra meno che una scissione "dolce".
Divorzio non consensuale - Al contrario, la fuoriuscita degli ex inquilini di via della Scrofa dal Pdl sembra nelle ultime ore assumere i contorni di un divorzio non consensuale, anche se si lavora a una 'riappacificazione' delle varie anime di destra. I motivi sono vari: c'è innanzitutto il timore che il Cavaliere voglia 'liberarsi' degli ex colonnelli e, senza una separazione d’amore e d’accordo, sarebbe pronto ad usare proprio l’arma della composizione delle liste per ottenere lo spacchettamento del partito, da tempo auspicato.
Le primarie della Meloni - In secondo luogo, c'è proprio la questione delle 'quote': gli ex aennini, anche quelli che con Berlusconi non sono mai arrivati ai ferri corti, sanno che al prossimo giro sarà praticamente impossibile riottenere una divisione dei 'pesì sulla falsariga del 70 e 30. Tanto più se, come spiegato dall’ex premier questa mattina a Belpietro, l’intenzione è di ripescare dal cilindro Forza Italia, anche se in una versione 'minimale', ovvero solo il simbolo. Infine, tema non secondario, c'è la questione della ricandidatura del Cavaliere. Una buona fetta degli ex An non hanno gioito per l’annuncio della nuova ridiscesa in campo dell’ex premier: Alemanno lo ha detto pubblicamente, così ha fatto Augello. Che Giorgia Meloni vedesse ben altro scenario all’orizzonte non è certo un mistero (l'ex ministro domenica lancerà le primarie delle idee).
Spaccati anche gli ex An - Da non sottovalutare, poi, i 'pesi e contrappesi' tutti interni agli ex An: i larussiani e gasparriani non hanno visto di buon occhio la candidatura alle primarie di Meloni e ad alcuni fa storcere il naso l’attivismo dell’ex ministro della Gioventù, che grazie proprio alle ormai 'defuntè primarie ha guadagnato terreno nel partito. Gli unici a manifestare una forte contrarietà a prendere armi e bagagli e traslocare in un nuovo partito di destra sono i matteoliani. Di questo, viene spiegato, si è parlato abbondantemente oggi al Senato, ma gli echi sono giunti anche alla Camera, dove c'è chi ipotizza una "scissione nella scissione".
Addio ai Pisanu-boys - A Palazzo Madama è già tutto pronto, basta solo l’ok all’operazione: i gasparriani e larussiani sono della partita (sarebbero più di una ventina), mentre i fedelissimi di Matteoli (circa una decina) nicchiano e mirano a restare sotto l’ala berlusconiana. Al Senato, dove Berlusconi mira al pareggio per bloccare l’ascesa di Bersani, la situazione è più complicata che alla Camera: Pisanu e i suoi sono dati ormai per 'persi', già con un piede nel contenitore di centro pro-montiano, mentre prosegue il malessere dell’area cattolica.