“Silence coupable”
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Céline Pina attacca il silenzio e la complicità della gauche francese verso l’islamismo. Intervista
Il Salon de la femme musulmane di Pontoise
di Mauro Zanon | 20 Aprile 2016 ore 10:12
Celine Pina
Parigi. Quando al Salon de la femme musulmane di Pontoise (Île-de-France) furono invitati alcuni predicatori islamisti a intrattenere l’uditorio di musulmani e giornalisti accorsi per l’occasione, Céline Pina, ex consigliera del Partito socialista nella regione parigina, fu l’unica del suo campo politico a denunciare il carattere anti repubblicano di quella manifestazione, dove la donna che si mette il profumo ed esce di casa “è sempre considerata da Allah come fornicatrice” (l’imam Hatim Abou Abdillah), dove la donna che rifiuta il marito che ha un desiderio o una voglia quando torna a casa stanco la sera “sarà maledetta dagli angeli tutta la notte” (l’imam Mehdi Kabir), dove “la donna che esce di casa senza onore (senza velo, ndr) non deve sorprendersi poi se gli uomini abusano di lei” (l’imam Rachid Abou Houdeyfa). Fu l’unica, Céline Pina, nel silenzio assordante della gauche e delle femministe francesi, che per il terrore di essere accusate di “islamofobia” si cucirono la bocca, permettendo che a pochi passi dalla progressista Parigi andasse in scena una spettacolare violazione dei princìpi della République, finanziata per giunta dalle casse del comune. Per il suo atto di coraggio ha ricevuto sostegni trasversali da parte degli elettori, ma non dal suo partito, il Ps, che l’ha invece minacciata di esclusione. Lei se ne è andata prima che si ufficializzasse la sua cacciata, decidendo di proseguire con un libro la sua crociata contro l’omertà della gauche davanti all’ascesa dell’islamismo.
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“Silence coupable” (Kero), così si intitola il j’accuse della dissidente Pina, è già un caso a Parigi, perché per la prima volta denuncia apertamente i compromessi elettorali tra i “baroni locali” e gli islamisti che dettano legge in molte zone di Francia. “Ho deciso di scriverlo quando dopo vent’anni di militanza nel Ps mi sono resa conto di avere dinanzi a me una società in frantumi, con delle persone che non sanno più difendere i loro mondo comune, ai quali non è stato trasmesso nulla per imparare a amare il loro paese. Ho deciso di scriverlo quando ho visto i massacri di Charlie Hebdo e del 13 novembre: mi sono detta che non potevamo continuare a chiudere gli occhi, a vivere in questo clima di omertà”, dice al Foglio Pina, che per anni ha urlato nel deserto, abituata a trovarsi al cospetto di politici che si giravano dalla parte opposta quando li sollecitava sul problema dell’islam radicale. E’ un “silenzio colpevole”, quello della gauche, scrive Pina, lo stesso che il giornalista del Monde, Jean Birnbaum, ha recentemente denunciato nel suo saggio “Un silence religieux”. “Nel mondo politico ci sono state rare manifestazioni di sostegno nei miei confronti. Dalla mia famiglia, il Ps, sono invece stata trattata come ‘islamofoba’, ‘razzista’, ‘complice dell’estrema destra’, alla stregua di tutti coloro che si sono battuti su questi tematiche e la cui reputazione è stata volutamente massacrata”, afferma Pina. Sulla sua scelta di abbandonare il Ps, dice che non c’era alternativa. “Non posso più militare per un partito che ha sempre difeso l’uguaglianza tra gli uomini e le donne, la laicità, la libertà, la creatività, e che ora diventa così ambiguo nell’intrattenere rapporti con gli islamisti per mero clientelismo elettorale”, spiega Pina. “Il socialismo è rappresentato oggi da persone come me, mentre molti partiti che si dicono ‘di sinistra’ sono i veri traditori dei suoi valori”.
Ieri, durante un meeting della Brigade des mères, l’associazione di madri coraggio fondata da Nadia Remadna che lotta contro la radicalizzazione dei giovani delle banlieue, nessun eletto locale era presente per sostenerla. “E’ l’illustrazione perfetta di quanto racconto in ‘Silence coupable’”, dice Pina. “Il lavoro di Nadia Remadna è straordinario. Fa quello che i politici dovrebbero fare, e lo fa a suo rischio e pericolo, senza protezione, senza sostegno da parte dei ‘baroni locali’, che invece scendono a patti con gli islamisti per interessi elettorali”.
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