Tigre di carta. La risolutezza di Israele ha svelato il bluff iraniano

La potenza militare di Teheran, che fu sopravvalutata durante l’amministrazione Obama, si è rivelata incapace di fronteggiare Israele e l’Occidente.

3.10.2024 Carlo Panella, linkiesta.it lettur5’

Mentre il Mossad ha mostrato una capacità di penetrare nei gangli più segreti del vertice di Hezbollah, di Hamas e del regime teocratico degli Ayatollah

L’Iran è una tigre di carta, ayatollah e Pasdaran sono una banda di fanfaroni capaci solo di massacrare il proprio popolo. Per la seconda volta il lancio di missili iraniani su Israele si è rivelato un buco nell’acqua, uno show. È indicativo che l’unica vittima sia stato un palestinese di Gerico, Cisgiordania, ucciso dai frammenti di un missile intercettato. Missili ipersonici, peraltro, i più moderni e micidiali, a parole. Missili diretti sulla popolazione civile di Tel Aviv. Per uccidere ebrei. Nulla di fatto: Israele è protetto non solo dal suo formidabile apparato di difesa, ma anche da una solida alleanza militare imperniata sugli Stati Uniti, Francia e Regno Unito di cui fanno parte ormai Arabia Saudita e persino la Giordania.

Fanfaroni gli ayatollah e i Pasdaran, dicevamo, e infatti hanno proclamato tronfi di avere abbattuto ben trentacinque F16 israeliani. Una millanteria demente. Ora, in attesa della risposta di Israele, che si preannuncia durissima, è tempo di prendere atto dei danni enormi e irreversibili che ha comportato la sopravvalutazione della forza militare iraniana da parte di Barack Obama e dei democratici che hanno così letteralmente regalato ai Pasdaran quindici anni di egemonia incontrastata in Medio Oriente. Centinaia di migliaia i morti causati da questo macroscopico errore, più che sintomo, causa del declino di potenza americano.

È bastato però che Israele abbia sfidato apertamente questa egemonia e il trucco della potenza militare dell’Iran e dei suoi agenti si è svelato e di una debolezza sconcertante. La sequenza di umiliazioni subite dai Pasdaran e dagli ayatollah dal primo aprile a oggi è impressionante. A fronte di questa serie crescente e impietosa di vulnus subiti, il regime iraniano non è stato in grado di rispondere se non con paroloni e sceneggiate pirotecniche. Invece, il martellamento degli obiettivi iraniani del Mossad, di Idf e dell’aviazione israeliana è stato di tutt’altra pasta.

Il primo aprile un attacco di Israele ha distrutto un compound dell’ambasciata iraniana a Damasco e ha ucciso non solo il generale dei Pasdaran Mohammed Reza Zaheri, ma anche altri quindici alti ufficiali dei Pasdaran. Tutto lo Stato Maggiore delle forze iraniane in Siria è eliminato. Il 13 aprile la risposta iraniana si è rivelata inefficace: trecento sono i missili e i droni lanciati contro Israele, ma vengono praticamente tutti intercettati. Non solo, la protezione attiva e militare del cielo di Israele viene garantita soprattutto da Arabia Saudita, Giordania e Bahrein, oltre che dagli Stati Uniti. Una nuova alleanza militare de facto tra Gerusalemme e i paesi arabi che ribalta gli equilibri in Medio Oriente.

Il 30 luglio Fuad Shukr, comandante militare di Hezbollah, è stato ucciso dall’aviazione israeliana mentre andava a trovare la sua amante. Il 31 luglio Ismail Haniyeh, capo politico di Hamas all’estero, è stato ucciso in un compound ufficiale di Teheran con un colpo precisissimo. Coperte da mistero le modalità. Feroce la risposta verbale del regime iraniano. Ma alle parole sono susseguite reazioni tanto teatrali, quanto assolutamente inefficaci. Il 17 settembre sono esplosi i cerca persone di cui sono dotati i quadri dirigenti e intermedi di Hezbollah, provocando decine di morti, circa cinquemila feriti, larga parte dei quali è messa definitivamente fuori combattimento dal punto di vista militare.

Nei giorni precedenti e successivi Israele ha eliminato tutti i comandanti militari massimi della forza Radwan e degli altri reparti armati di Hezbollah. Vengono eliminati: Ibrahim Aqil, Mohammed Qubaisi, Ali Karaki, Wissam al Tawill, Abu Hassan Samir, Hussein Siour e Talem Sami Abdullah. Tutto il quartiere generale di Hezbollah è eliminato. Il 27 settembre un massiccio bombardamento della sede centrale di Hezbollah ha ucciso Hassan Nasrallah e tutti i massimi dirigenti superstiti.

La precisione degli attacchi israeliani indica una totale capacità di penetrazione del Mossad e di Aman (l’intelligence militare) nei gangli più segreti del vertice di Hezbollah. Questo è il punto. Il sistema autocratico e fanatico costruito dagli ayatollah in Iran e nella regione è penetrabile, corrompibile, terreno facile di caccia per un Mossad dalle enormi capacità e inventive, tanto gradasso nella retorica ufficiale, quanto incapace di difendere persino i segreti che costano la vita del proprio quadro dirigente.

Opposta però era la valutazione della concreta potenza militare iraniana che ha mosso la strategia di Barack Obama durante la sua presidenza. Questi, sulla base di un’analisi sbagliata dell’Islam jihadista e dell’islamismo, enucleata nel famoso discorso del Cairo del 2009, nel 2013 ha permesso all’Iran di egemonizzare la Siria, di fatto annettendola politicamente e militarmente. I fatti: il 21 agosto 2013, l’aviazione di Beshar al Assad ha sganciato bombe al Sarin sui rivoltosi che controllavano in parte il quartiere Ghuta di Damasco. Gli effetti del bombardamento chimico sono stati disastrosi, quasi duemila vittime e migliaia di feriti tra la popolazione civile.

Assad, col bombardamento chimico, aveva passato la «linea rossa» tracciata dallo stesso Obama poche settimane prima. L’intervento in Siria degli Stati Uniti e dei loro alleati era dunque automatico, dovuto, secondo le stesse dichiarazioni precedenti proprio di Obama. Intervento solo dell’aviazione, perché il presidente americano era inflessibile sul suo No boots on the ground. Ma, mentre i Mirage francesi già rullavano sulla pista per andare a bombardare le basi del regime siriano, Obama ha bloccato tutto e si è inventato un tragicomico processo di dismissione delle armi chimiche di Assad affidato all’Onu. Il suo timore era uno scontro diretto con la temuta forza militare di Teheran, che iper valutava e giudicava possente.

Risultato: grazie ai massacri compiuti da migliaia di miliziani di Hezbollah e dalle Brigate Internazionali sciite del generale dei Pasdaran Ghassem Suleimani, con la piena collaborazione di Vladimir Putin, tra il 2013 e il 2017 il regime di Assad è sopravvissuto e la Siria è diventata un protettorato iraniano spostando i confini del suo nuovo impero fino al Golan, faccia a faccia con Israele.

Nel 2015, Obama ha completato il disastro con l’accordo sul nucleare con gli ayatollah e i Pasdaran che – tra i molti altri – aveva il difetto di non obbligarli a cessare gli interventi militari iraniani in Iraq, Siria, Libano, Gaza e Yemen. Pienamente legittimato e riconosciuto da Washington come potenza regionale e senza più sanzioni, il regime iraniano ha così potuto costruire e rafforzare indisturbato quel cerchio di fuoco retto da alleanze militari col quale intende «spazzare via Israele dalla faccia della terra».

Quando poi Donald Trump, nel 2018, ha denunciato l’accordo sul nucleare è stato troppo tardi: nel corso dei soli tre anni precedenti, con un impegno eccezionale, tra l’altro di decine di miliardi di dollari, l’Iran, indisturbato, aveva già consolidato l’assedio a Israele dei suoi alleati, riforniti da Teheran di decine di migliaia di missili, che hanno trasformato inoltre il loro territorio, Gaza e sud Libano in primis, in immensi bunker sotterranei. Il pogrom sanguinario del 7 ottobre 2023 ha segnato il culmine di questa strategia iraniana.

Ma ora, passato un anno da quel bagno di sangue, la dura e inflessibile reazione israeliana ha cambiato le carte in tavola: Hamas, decimato, è prigioniero dei suoi stessi bunker; Hezbollah, umiliato, non ha più il suo leader Nasrallah e nemmeno il suo quadro dirigente. E quando l’apparato militare iraniano si è mosso per arginare l’avanzata israeliana che distrugge i suoi gangli, ha dimostrato la sua impotenza.

Per fortuna, Joe Biden, che pure di Barack Obama è stato vicepresidente e quindi corresponsabile dei disastrosi accordi sul nucleare, durante il suo mandato ha sì tentato di riprenderli, ma a differenza di Obama, che è stato il presidente americano più avverso allo Stato Ebraico insieme con Dwight Eisenhower, ha messo come priorità assoluta la difesa di Israele e le trattative con l’Iran si sono sfilacciate. Biden, inoltre, ha difeso e difende a spada tratta Israele, e constata quanto la minaccia iraniana sia stata sopravvalutata.

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