Confindustria: echi di guerra tra Boccia e i sindacati

Il presidente di Confindustria subito alle prese con il contratto metalmeccanici. La riforma non piace ai confederali. Landini: senza di noi le imprese si fermano.

di Francesco Pacifico | 03 Aprile 2016 Lettera43

Il padre Orazio era un tipografo comunista. Di quelli che quando diventano imprenditori non dimenticano il loro passato.

Anche per questo il futuro presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha sempre investito sul dialogo con i sindacati nella sua azienda.

Non da meno il grande sconfitto alla corsa di viale dell’Astronomia. Alberto Vacchi, definito dall’Unità «amico della Fiom».

Non a caso, negli ultimi accordi siglati con i confederali come leader di Unimpresa Bologna, ha bypassato molte delle agevolazioni normative (leggi superamento dell’articolo 18) garantite alle imprese dal Jobs Act.

Ma la nuova Confindustria, indipendentemente se avesse vinto Boccia o Vacchi con i loro profili da colomba, era comunque destinata a uno scontro sanguinario con i sindacati.

 

Le parti sociali destinate a farsi la guerra

Ufficialmente Boccia si è presentato ai confederali con modi molto diplomatici. Dalle colonne del Corriere della Sera, lo scorso 26 marzo, ha chiesto l’apertura di «un tavolo senza preconcetti e senza pregiudizi».

Salvo subito aggiungere un caveat: discutere sì, ma «partendo da un fatto, in 15 anni il costo del lavoro per unità di prodotto è aumentato del 30% rispetto alla Germania. Dobbiamo recuperare produttività. Nessuno può permettersi accordi che non siano fondati su questo presupposto. Nemmeno il sindacato».

«RIPRENDERE IL CONFRONTO». Anche lo stesso sindacato si è attenuto a un bon ton molto istituzionale.

«Nel rivolgere a Vincenzo Boccia gli auguri della Cgil per la sua designazione a presidente di Confindustria, auspichiamo che con la sua elezione possa riprendere il confronto tra sindacati e associazione degli industriali», ha commentato dalla segreteria nazionale della Cgil Franco Martini.

L'AVVERTIMENTO DI BENTIVOGLI E LANDINI. Ma che si profili la guerra lo ammettono due sindacalisti che in comune hanno soltanto il settore d’azione: quello metalmeccanico.

Il riformista Marco Bentivogli, leader di FimCisl, ha salutato Boccia con un «accogliamo il nuovo presidente di Confindustria con la protesta e la proposta dei metalmeccanici».

Cambia i toni, ma ripete gli stessi concetti il leader della Fiom, Maurizio Landini: «Chi è in in corsa per Confindustria», nota, «appoggia Federmeccanica, ma questo porta allo scontro. Se vogliono evitarlo, gli industriali devono cambiare posizione perché noi abbiamo il consenso della maggioranza dei lavoratori e le imprese senza i lavoratori non vanno da nessuna parte».

Il nodo del contratto dei metalmeccanici

Il nodo riguarda proprio il futuro contratto dei metalmeccanici.

Il main stream in corso in viale dell’Astronomia ha imposto sia a Boccia sia a Vacchi di appoggiare la piattaforma  per il rinnovo del contratto proposto da Federmeccanica.

Il testo, oltre a promettere 250 euro di aumento da elargire soprattutto sotto forma di servizi di welfare, vuole anche trasferire le trattative sui rinnovi in ambito aziendale, bypassando il livello nazionale. 

IL MODELLO MARCHIONNE. Tanto basta per ridurre il contratto nazionale a un atto meramente formale. Seguendo, nonostante fosse stata proprio Federmeccanica a opporsi, quanto fatto cinque anni fa dal falco per eccellenza: Sergio Marchionne.

I sindacati propongono invece un modello dove a livello nazionale ci sia un prodromo di salario unico e un premio di produttività per tutti, mentre gli aumenti più pesanti, i soldi veri, si discutano e si decidano con intese aziendali.

Così Cgil, Cisl e Uil sperano di mettere d’accordo tutti: Confindustria e soprattutto il governo, pronto a cancellare il contratto nazionale e tutto il potere d’interdizione sindacale con il salario minimo.

La prima sfida di Boccia: ridurre il costo del lavoro

La situazione è talmente esplosiva che il 20 aprile le tute blu di Cgil, Cisl e Uil hanno organizzato uno sciopero unitario nazionale.

Un qualcosa ormai dimenticato nell’armamentario delle relazioni industriali da anni.

Ma il loro obiettivo non è certamente quello di sbloccare il rinnovo di categoria.

LA RICHIESTE DELLA BASE. Girando l’Italia durante la sua campagna elettorale, Boccia ha raccolto tre indicazioni dai suoi colleghi: ridurre i costi della macchina burocratica di Confindustria più di quanto si sia fatto finora; rendere remunerativo il sistema Sole24Ore; soprattutto, lavorare per abbassare il cuneo fiscale.

A maggior ragione dopo che il governo ha dimezzato gli incentivi legati alle nuove assunzioni.

IL MURO DELLA RAPPRESENTANZA. A peggiorare le cose, lo stampatore salernitano deve fare i conti anche con l’ultimo accordo firmato tra padroni e lavoratori sulla rappresentanza.

È vero che per la prima volta verranno pesate le deleghe sindacali, ma firmare accordi separati diventa quasi impossibile.

In quest’ottica diventa doveroso, se si vogliono legare gli aumenti alla produttività, ribaltare l’attuale modello di contrattazione.

Non si possono trovare compromessi. Altrimenti si rischia soltanto di dare potere al Landini di turno.

Categoria Economia

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