Marchionne spiegato a Landini
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Il segretario della Fiom ha grinta, ma continua a spacciare bufale
di Marco Valerio Lo Prete | 10 Ottobre 2015 ore 06:15 Foglio
Maurizio Landini, il segretario generale della Fiom-Cgil, è un animale da talk-show, e questo oramai è noto. In quanto a voti e tessere in fabbrica non va altrettanto forte, e pure questo oramai è noto, ma il suo classico crescendo televisivo di toni e di foga è divertente e a volte perfino ammaliante. Detto ciò, Landini continua – a cinque anni di distanza dal primo contratto aziendale approvato nello stabilimento Fiat di Pomigliano – a raccontarci il caso Marchionne per quello che non è stato.
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La bufala americana. Lo scorso 1° ottobre, i dipendenti della Fiat Chrysler Automobiles di Detroit hanno bocciato la bozza di accordo sul nuovo contratto di lavoro che era stata approntata dai dirigenti di Fca e dal sindacato Uaw. Landini, in tv e sui giornali, ha subito lasciato intendere che finalmente anche gli americani si sono stufati di Marchionne e dei suoi metodi, così come era accaduto fin da subito in Italia.
E’ vero esattamente l’opposto. Intanto, dopo nemmeno una settimana, i sindacati americani e la Fca hanno raggiunto un nuovo accordo, che ora sarà sottoposto al voto, e il tutto senza nemmeno un’ora di sciopero. Landini poi deve aver dimenticato che i contratti differenziati e meno vantaggiosi per i nuovi dipendenti più giovani di Chrysler risalgono al 2007, quindi a un’èra pre Marchionne; aggiungiamo che tali contratti sono stati accettati dai lavoratori nel 2009, quando il presidente Barack Obama scelse la fusione con la Fiat di Marchionne per salvare Chrysler dall’unica alternativa, la chiusura; sei anni dopo, le vendite di Chrysler aumentano di molto e in America c’è un fisiologico confronto su salari e welfare aziendale, non una patologica baruffa su “modelli di auto” e sui “diritti fondamentali violati”.
La bufala democratica. L’America è “un esempio di democrazia”, insiste Landini. Sorvolando così sul fatto che in tutti gli impianti Fiat il nuovo contratto aziendale è stato approvato via referendum dalla maggioranza dei lavoratori (anche nelle ex carrozzerie Bertone dove la Fiom aveva la maggioranza nella Rsu).
Le tre bufale sui “diritti”. Replica di Landini: in Italia al tempo dei referendum c’era però un ricatto pendente sulla testa dei lavoratori, costretti perciò ad accettare una violazione dei loro “diritti fondamentali”. A cinque anni di distanza, è quasi ovvio sottolineare che licenziamenti di lavoratori Fiat non se ne sono visti, che migliaia di dipendenti in cassa integrazione sono tornati a tempo pieno, e che a Melfi sono stati assunti per di più 1.000 nuovi lavoratori.
Così Landini non trova di meglio che inserire alla voce “diritti violati” l’accorciamento a 30 minuti della pausa in catena di montaggio Fiat, glissando sul fatto che i 40 minuti di pausa vigenti fino al 2010 erano stati stabiliti nel 1971, erano un unicum in Europa alla luce degli ammodernamenti tecnologici nel frattempo intervenuti in fabbrica, e che anche nella (tedesca) Lamborghini di Bologna – dove Fiom conduce le danze e firma gli accordi – la pausa è di 24 minuti e sarà ridotta dal prossimo anno. I salari, infine, sono davvero più bassi nel nuovo contratto Fiat rispetto al contratto nazionale dei metalmeccanici? A parte il fatto che la Fiom di Landini l’ultimo contratto nazionale di settore non lo ha nemmeno firmato, occorre dire che la busta paga del lavoratore Fiat è maggiorata da nuove voci su redditività, produttività e sostenibilità dei singoli stabilimenti, così che i sindacati firmatari delle intese Fiat possono legittimamente sostenere la maggiore convenienza economica del modello Fiat. Specialmente alla luce del fatto che dei classici aumenti legati all’inflazione, dal 2015, ci sarà poco o nulla nel contratto nazionale in negoziazione. Dettagli a parte, il nesso automatico tra contratto aziendale e impoverimento dei lavoratori è falso, ma questo la Cgil non lo ammetterà mai. Altro che “modello tedesco”.
La bufala “okkupazioni”. Landini, dopo i disordini in Air France, non ha escluso occupazioni nelle fabbriche italiane. Un annuncio simile lo aveva fatto due anni fa. Per la fortuna di lavoratori e imprenditori, pare l’ennesima bufala.
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