Si legge Ttip, si pronuncia disinformazione

Il dibattito sul Ttip si concentra attorno alle ipotetiche minacce alla democrazia o alla tutela dei consumatori e dell’ambiente che deriverebbero da una eventuale firma

La Voce.info13.05.16 Francesco Daveri e Mariasole Lisciandro

19 Commenti

Il dibattito sul Ttip si concentra attorno alle ipotetiche minacce alla democrazia o alla tutela dei consumatori e dell’ambiente che deriverebbero da una eventuale firma. Molto più utile sarebbe invece un approccio pragmatico, che punti per esempio alla difesa delle denominazioni di origine.

Chi ha paura del Ttip?

Se anche un guru dei nostri giorni come Joe Bastianich è stato chiamato a dire la sua sull’eventuale invasione delle carni americane in Europa, allora il dibattito italiano sul Ttip ha un problema.

Ttip sta per Transatlantic Trade and Investment Partnership, accordo di libero scambio – su cui trattano Stati Uniti e Unione Europea – che punta alla liberalizzazione del commercio e degli investimenti tramite l’abbattimento dei dazi residui (già molto bassi) e delle barriere non tariffarie, ossia delle regole che ostacolano il commercio tra le due parti. Il problema non è tanto il fatto che ci siano le regole (si tratta molto spesso di norme a tutela del consumatore, della salute e dell’ambiente), quanto che siano così diverse tra i due partner. Non è un segreto che le sensibilità regolamentari siano molto diverse sui due lati dell’Atlantico ed è proprio questo a preoccupare i più che temono gli esiti di un accordo al ribasso.

Di recente Greenpeace ha portato la parola Ttip sulla bocca di tutti, rendendo pubblica una parte dei testi negoziali: più di 200 pagine che riportano le posizioni di Usa e Ue, scritte in un linguaggio tecnico difficile da capire per i non addetti ai lavori. I documenti di Greenpeace riportano ancora entrambe le posizioni, segno che il testo non è ancora espressione di un accordo tra le parti. Quindi, ancora niente di definitivo e tutto da negoziare. Pare, tuttavia, che l’entrata in vigore del Ttip minaccerebbe certi valori fondanti dell’Unione, come la democrazia, la tutela dei consumatori e l’ambiente. Per non parlare della mancanza di trasparenza con cui si conducono i negoziati. E così, nel dibattito mediatico, l’accordo è dipinto come un vero e proprio cavallo di Troia, una grave minaccia per le tutele degli europei.

Proviamo a esaminare le varie preoccupazioni per punti.

Tre (ipotetiche) minacce

Punto primo, Ttip come minaccia alla democrazia. La Commissione europea sta trattando in nome e per conto degli stati membri, seguendo le direttive negoziali affidatele dal Consiglio europeo tramite un mandato votato all’unanimità dal Consiglio stesso e reso pubblico.

Si tratta poi di un accordo internazionale misto che tocca anche competenze non esclusive dell’Unione; pertanto, affinché entri in vigore servirà la ratifica non solo del Parlamento europeo, ma anche dei singoli parlamenti nazionali. I paesi Ue che non si trovassero d’accordo con il testo definitivo del Ttip potrebbero impedirne l’entrata in vigore con la mancata ratifica. In sostanza, gli stati membri non solo hanno votato cosa potesse o non potesse essere negoziato, ma possono anche non essere d’accordo con l’esito delle negoziazioni. Dal che segue che, nel bene e nel male, i punti di vista nazionali continueranno a contare. Lo spettro di un “grande accordo” paracadutato da Bruxelles sulle teste dei singoli cittadini europei non è una prospettiva realistica.

Punto secondo, la minaccia alle tutele dei consumatori e dell’ambiente. Caso simbolo dell’argomentazione anti-Ttip è l’eventuale abolizione del principio di precauzione.

Nella Ue non si può mettere in commercio un prodotto se non si riesce a dimostrare che non è dannoso per la salute e per l’ambiente. Negli Usa tutto è commerciabile senza l’evidenza scientifica che il prodotto sia dannoso per la salute umana e per l’ambiente, il che rovescia l’onere della prova. Molti sostengono che con l’entrata in vigore del Ttip il principio oggi vigente in Europa possa venire meno. Il principio di precauzione è, tuttavia, invocato nei Trattati europei, in particolare all’articolo 191 del Trattato sul funzionamento della Ue. Quindi, a meno che non si vogliano modificare i Trattati (e la procedura per la loro revisione di cui all’articolo 48 del Trattato sull’Unione europea richiede comunque l’accordo di tutti gli stati membri), il principio resta in vigore. Anche dopo l’eventuale approvazione del Ttip.

Terzo e ultimo punto, la questione della trasparenza. Vero è che le trattative sono cominciate a porte chiuse. Ma la Commissione europea ha poi voluto compiere una controversa azione di chiarezza, data la diffusa preoccupazione dei cittadini europei. Ha tolto il segreto sul mandato negoziale (di solito non è strategicamente consigliabile rendere pubblico cosa si vuole ottenere in una trattativa) e ha creato una pagina web ad hoc, dove pubblica periodicamente i risultati di ogni round negoziale. Visti gli esiti, tanta trasparenza non paga.

Il dibattito sarebbe più costruttivo se le preoccupazioni fondamentali sul Ttip non distogliessero l’attenzione dagli argomenti effettivamente sul tavolo. Una discussione più pragmatica su quanto, ad esempio, è realisticamente conseguibile dalla difesa delle denominazioni di origine (baluardo delle tradizioni locali per la Ue, concetto quasi sconosciuto in Usa) sarebbe molto più utile delle tante battaglie di principio lanciate dalle piazze europee. E magari riusciremmo a riconquistare chi si preoccupa della carne che mangiamo, come Bastianich.

Categoria Economia

COMMENTI

Massimo Gandini 16/05/2016 alle 8:00 Rispondi

Per come è stato presentato il TTIP sembra qualcosa di spaventoso e allucinante. Spero tanto che ci stiamo tutti sbagliando. Certo che trovarci di fronte, senza difese , ad agguerriti legulei americani che ci impongono di mangiare la carne texana gonfia di ormoni (so di cosa parlo in questo caso a proposito della carne americana) è una prospettiva inquietante

tOM 15/05/2016 alle 20:08 Rispondi

Direi che il concetto di esautorare la sovranità nazionale nelle controversie azienda/stato riguardanti le eventuali aspettative di businnes è qualcosa di osceno... Cioè fate capire se per caso una multinazionale estera volesse investire nelle acqua minerali nostrane qual ora decidessimo di rinegoziare i canoni ci concessione (oggi irrisori) dovremmo aspettarci una potenziale causa presso un non meglio identificato organismo sovranazionale ?? ma soprattutto cosa significa il concetto di diritto di aspettativa di business? Capisco che possa essere vantaggioso avere regole chiare per attrarre gli investitori ma da qui a sancire il diritto di remunerazione del capitale di rischio... Beh, direi TTi P_iace vincere facile, ponzi ponzi ponzi ponzi poo.

graziano lazzarotto 15/05/2016 alle 19:37 Rispondi

Partendo dalla premessa che gli scambi commerciali tra UE e USA sono in corso da decenni, e con trend positivi... tre temi su tutti: 1 il principio di maggior tutela che vale per EU e non per gli USA 2 la trasparenza delle etichette su contenuti, additivi,sostanze presenti, tracciabilità per alimenti, carni, pesce ecc obbligo nella UE e non negli USA 3 marchi e denominazioni di origine e tipiche non riconosciute dalle leggi USA Come si conciliano allora queste diversità? Come in tutte le negoziazioni con compromessi per forza di cose riduttivi (dei diritti acquisiti dai consumatori) sbilanciati secondo il rapporto e i pesi delle forze in campo (a vantaggio USA) Bastianich dice che gli americani fanno in fretta ad imparare e migliorare, perchè sono orientati al mercato e alle richieste dei consumatori. La questione è: - quanto in fretta? - per quale tipo di mercato? Non diventerà mica solo una questione di storytelling lasciando al consumatore la libertà di scelta tra il bene (+ costoso) e il male (+ conveniente)... Morale, meglio tirare su le orecchie e stare in campana.

Raffaele Conte 15/05/2016 alle 12:17 Rispondi

Anche se i diritti dei consumatori dovessero essere rispettati, cosa tutta da dimostrare, la minaccia sarebbe il tribunale per la protezione degli investimenti, che costringerebbe gli Stati a dare risarcimenti miliardari a favore della multinazionali che vorrebbero che si adottassero gli standard americani sui prodotti alimentari: o lo si fa, oppure bisogna riconoscere loro megarisarcimenti. Qual è l'interesse per gli europei non è chiaro, dato che gli americani non ne vogliono sapere di riconoscere i prodotti doc e dop, mi sembra un enorme regalo alle multinazionali Usa.

Marcello Romagnoli 15/05/2016 alle 9:35 Rispondi

Un trattato segreto, e che deve essere tenuto segreto per cinque anni dopo la sua firma, è di per se un atto antidemocratico. Solo per questo è illegittimo e deve essere rifiutato. Il meccanismo di risoluzione delle controversie tra stati e aziende mette sullo stesso piano entità che non possono essere confrontate. Il meccanismo di risoluzione delle controversie tra stati e multinazionali è sbilanciato verso queste ultime. Tutto questo viene dimenticato dagli articolisti mentre sono punti fondamentali che consigliano di rigettare questo trattato. Un articolo equilibrato avrebbe dovuto considerarli. Il sito della UE che citate, che sarebbe il minimo di trasparenza, è a mio parere fortemente sbilanciato verso una presentazione favorevole al TTIP. PS. Questa è la seconda volta che scrivo questo commento. Come il primo non è offensivo e quindi mi aspetto che non venga eliminato solo perchè riporta fatti contrari all'articolo

Massimo Matteoli 15/05/2016 alle 0:30 Rispondi

L'invito ad un maggiore approfondimento e ad un approccio pragmatico va preso sul serio, ma proprio per questo il Ttip non va bene. Non siamo, infatti di fronte ad un semplice trattato commerciale, ma alla fine del "dominio della legge" che ha caratterizzato l'evoluzione democratica e lo stesso sviluppo economico dei nostri paesi. Domani, a trattato approvato, saranno organismi arbitrali a decidere se una cosa è giusta o no e le leggi, cioè la volontà dei cittadini espressa dal Parlamento, non potranno modificare il trattato e tali decisioni. E' perciò da un punto di vista "pragmatico" che questo modello non va, perchè ci viene chiesto di cedere la nostra sovranità e per di più a prezzo di saldo.

Umbe 14/05/2016 alle 12:39 Rispondi

ISDS dice niente? .

Davide 14/05/2016 alle 9:50 Rispondi

Oltre a dire che hanno torto gli allarmisti contrari magari potreste dire perché e dove hanno ragione i favorevoli.

Sergio Braga 14/05/2016 alle 7:13 Rispondi

Data la caratura accademica dei due estensori dell'articolo sorprende l'ingenuità delle loro affermazioni. Una semplificazione di questioni molto complesse e dibattute che, se non aggiunge nulla dal punto di vista degli argomenti pro o contro Ttip, rischia di contribuire alla cortina fumogena che almeno fino a qualche tempo fa alcuni hanno potuto stendere sulle trattative. Davvero cattiva informazione, non è cosa da voce.info. Peccato

Mauruzio 13/05/2016 alle 18:57 Rispondi

ed il soccombere di un paese sovrano difronte ad un arbitrato internazionali in un contenzioso con una multinaizonale ?

Marcello Romagnoli 13/05/2016 alle 18:43 Rispondi

Un trattato tenuto segreto è antidemocratico in se, soprattutto se di questa portata. Non dimentichiamo inoltre che i nostri parlamenti non hanno mai brillato per indipedenza nè da Bruxelles nè dagli USA. Quello che lei dice sarebbe vero se questa indipendenza ci fosse e se ci fosse la possibilità di un dibattito pubblico. Non dimentichiamoci che viviamo tempi on cui abbiamo nella prassi accettato i trattati europei e la perdita della sovranità monetaria in aperto contrasto con gli articoli 1-11 e 47 della Costituzione italiana. Pensa che la libertà di espressione dei parlamenti si possa fare per il Ttip? Il principio di precauzione è in contrasto con la prassi regola degli arbitrati che entrerebbe in vigore col trattato. A parte la antidemocraticità in sè della cosa (una azienda o un gruppo non può essere messo alla pari di uno stato e l'arbitrato viola ancora la sovranità dello stato stesso), è molto improbabile che la composizione del collegio sia equilibrata. Terzo e ultimo punto: "Visti gli esiti, tanta trasparenza non paga." Stiamo scherzando? La trasparenza paga sempre in democrazia. Per Lei sarebbe stato meglio averne meno?

Alberto Zoratti 13/05/2016 alle 17:52 Rispondi

Gentilissimi, forse avrebbe senso parlare nello specifico invece di sottolineare le classixhe argomentazioni della CE. Vi domando quindi: come è possibile difendere i nostri standard quando l'organismo di riferimento è il Codex Alimentarius. E come si potrebbe alzare fli standard sociali e ambientali se non esiste alcun organismo di risoluzione delle controversie vincolante nei testi proposti? Sulla trasparenza... velo pietoso. Potete rispondere a queste domande? Noi abbiamo le nostre risposte, sarebbe interessante capire le vostre. Attendiamo fiduciosi

Daniela Spaggiari 13/05/2016 alle 17:17 Rispondi

Ho letto con attenzione questo articolo in quanto la vicenda TTIP mi interessa particolarmente. Può essere che nei punti 1 e 3 gli autori abbiano ragione e forse Greenpeace, verdi, WWF, stanno esagerando. Sul punto 2 ( principio di precauzione ) ho una forte obiezione. Sii dice che noi non siamo obbligati a rinnegarlo e possiamo mantenerlo. ci mancherebbe altro ! ma ciò non basta. Io vorrei che anche gli USA lo adottassero altrimenti noi ci troveremo di fronte ad una concorrenza sleale che oltre che penalizzarci dal punto di vista della salute ci penalizza dal punto di vista economico. esempio . negli USA è ammesso che gli allevatori somministrino ormoni di crescita o anabolizzanti agli animali. E' ormai dimostrato che questi ormoni sono dannosi a chi mangia le carni di questi animali e inoltre questi animali crescono di peso più velocemente ( anche perché questi ormoni trattengono acqua ) e quindi la carne al kg costa meno ed è qualitativamente inferiore, per cui mi fa piacere che l’ Europa mantenga il divieto di utilizzi di ormoni ma se gli USA non lo fanno la gente comprerà carne USA perché costa meno. Un altro aspetto preoccupante : ci sono in ballo interessi fortissimi gestiti da multinazionali che sono in grado di fare causa ( e vincerla ) a Nazioni che non volessero adeguarsi a questi accordi. Sicuramente la questione TTIP è ancora in fase evolutiva e ci sarà tempo e modo per avere informazioni più precise.

Sergio Cesaratto 13/05/2016 alle 16:02 Rispondi

Sarebbe interessante che gli autori ci tranquillizzassero anche nei riguardi dell'aspetto che la vulgata che gira presenta come il più inquietante:la possibilità che Stati e legislazioni sovrane possano soccombere a multinazionali straniere in arbitrati internazionali.

andrea goldstein 13/05/2016 alle 21:30 Rispondi

Il sistema internazionale di soluzione delle controversie TRa Stati e investitori ATTRAVERSO arbitrati già esiste e -- pur con criticità -- non esiste evidenza che intacchi il potere di regolare in the public interest. La CE ha presentato una proposta x introdurre nel TTIP un sistema di risoluzione State to State.

Osvaldo Forzini 14/05/2016 alle 9:01 Rispondi

Concordo col problema segnalato da Cesaratto. Non ho una paranoia verso le multinazionali, ma già esse condizionano pesantemente le scelte legislative, ci manca anche che possano bypassare le norme! Così il singolo cittadino deve rispondere alle leggi dello Stato, mentre le multinazionali no? In nome di cosa: ovviamente "dell'economia". Quindi andiamo ancora avanti con l'economia che comanda la politica? Se una multinazionale non condivide una normativa, evita di entrare in quel mercato. Ribaltare il concetto è una violazione dei principi democratici. Saluti

Edoardo Borruso 13/05/2016 alle 14:44 Rispondi

Cari amici va bene ristabilita la giusta prospettiva con cui affrontare il dibattito, perché non provate a spiegare anche quali sono i vantaggi. Per es. visto il documento di J.P. Morgan di qualche anno fa, a proposito dei diritti non sarei troppo tranquillo. Un caro saluto

Claudio Bellavita 13/05/2016 alle 14:10 Rispondi

quello che trovo inaccettabile del ttip è il ricorso esclusivo a corti arbitrali, costituite di fatto da avvocati USA e che operano coi criteri USA. E poi c'è molto da discutere sulla protezione dei brevetti farmaceutici USA e dei prezzi demenziali che vengono imposti, senza alcun rapporto coi costi della ricerca

tOM 15/05/2016 alle 20:15 Rispondi

E' inconcepibile che negli ultimi decenni si sia lasciata alla sola iniziativa dei privati lo sviluppo di nuovi farmaci col risultato che sono anni che non si producono nuovi antibiotici (e le resistenze aumentano in maniera preoccupante) e che farmaci necessari (e direi strategici per la nazione) come l'antivirale per l'epatiteC o i farmaci biologici per le forme invalidanti di artrite reumatoide arrivino a costare decine di migliaia di euro perché brevetti privati. Lo stato avrebbe dovuto investire risorse, in patnership con aziende e centri di ricerca, per poter poi sfruttare i brevetti a favore della comunità anziché trovarsi nelle condizioni di non poter curare milioni di malati-

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