Donne in politica. Dal pessimismo di Nietzsche al nuovo di Lipovetsky
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«Se la donna bella è anche intelligente, questo non guasta», ridacchiano i maschilisti furbacchioni
di Gianfranco Morra Italia Oggi 2.1.2016
«Se la donna bella è anche intelligente, questo non guasta», ridacchiano i maschilisti furbacchioni. Una massima più volte usata nelle polemiche politiche. Sgarbi, nel 1993, ne fece una variante per Maria Rosaria Bindi: «È più bella che intelligente». Che fu ripresa da Berlusconi nel 2009. Un aforisma frutto della inveterata convinzione che la donna intelligente è una donna fallita, che imita l'uomo senza riuscirci (Nietzsche). E che «la migliore lettera di raccomandazione per la donna è la bellezza» (Aristotele).
Troppi fatti accaduti in ogni campo di attività ci offrono prove in tal senso. Ma sarebbe un errore generalizzare. Anche in politica alcune donne hanno saputo fare meglio di tanti uomini. Forse non proprio belle (regina Elisabetta, Golda Meir, Indira Gandhi, Thatcher, Merkel), ma sagge e capaci. L'atteggiamento più utile è quello di distinguere l'intelligenza e la bellezza, che possono anche convivere. Forse ci aiuta a capire il problema il ministro per le riforme, Maria Elena Boschi: bella ma non sofisticata, sexy ma non sfacciata, elegante ma non ricercata, simpatica ma non dolciastra. Ma è, anzi soltanto è senza ma, anche intelligente: attenta e precisa, moderata e concreta, parla con chiarezza ed efficacia senza cercare effetti, lavora come una «bianca» senza fermarsi.
Il femminismo autentico non è la schizofrenia del secolo scorso («l'utero è mio e lo gestisco io»), portata avanti da donne che combattevano i maschi per sostituirli e ne divenivano opache fotocopie. È quello che si è fatto strada negli ultimi decenni, lontano sia dalla prima donna (per Martin Lutero Kinder, Küche, Kirche; tutta casa, chiesa e letto, traduceva Franca Rame), sia dalla seconda, una travestita che rifiuta tutto ciò che è «genio femminile» (papa Wojtyla). È quella così ben descritta da Gilles Lipovetsky (La terza donna, editore Frassinelli), che riesce, certo non senza difficoltà, ad armonizzare la professione con i suoi tradizionali compiti: insieme con l'uomo, non senza o contro, «protagonista ma non antagonista» (papa Ratzinger).
Nella Boschi questa struttura da terza donna si è mostrata in occasione dell'attacco, come sempre ingiustificato e becero, dei grillini, che ne chiedevano le dimissioni, in virtù del vecchio proverbio: «Le colpe dei padri ricadono sui figli». Forse l'unica cosa che sanno fare. La difesa della Boschi alla Camera è stata onesta e convincente. Poi è venuta la sentenza dell'Authority: «Nessun conflitto di interessi». Elena avrà, come tutti, i suoi limiti. Ma un merito bisogna attribuirglielo, ci ha aiutati a correggere quello stupido proverbio: «Se la donna intelligente è anche bella, questo non guasta».
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