A Venezia un Leone d'oro con poche qualità e donne che si spogliano molto meno degli uomini
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Vince "Desde Allà" del venezuelano Vigas. Miglior attrice Valerio Golino: non c'è giuria che resista a una napoletana spettinata, con la voce da letto anche quando va al supermercato. Il totopremi della vigilia non ne ha azzeccata una
di Mariarosa Mancuso | 13 Settembre 2015 ore 10:01
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“Ah Sudamerica”, cantava Paolo Conte. Perfetto accompagnamento per i Leoni e Leoncini assegnati dalla Mostra di Venezia. Officiante e presidente dalla giuria, il regista messicano Alfonso Cuarón, che proprio dal Lido nel 2013 era partito per la sua marcia trionfale verso l’Oscar. “Gravity” finì per vincere sette statuette, mettendo insieme effetti speciali e una bella storia. Qualità che mancano al Leone d’oro di quest’anno: “Desde Allà” (“Da lontano”), primo film del venezuelano Lorenzo Vigas, è – a voler essere gentili – il ritratto di un odontotecnico che rimorchia ragazzini per le strade di Caracas. Leone d’argento a Pablo Trapero, che batte bandiera argentina: in “El clan” racconta la famiglia Puccio, rapitori della porta accanto (erano uniti e timorati di Dio, la mamma cucinava una porzione in più per l’ostaggio in cantina).
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Escluso Trapero, il totopremi della vigilia non ne ha azzeccata una. Era dato per sicuro vincitore il cinese Zhao Liang, regista di “Behemoth”: miniera miniera e ancora miniera – va detto, sempre fotogenica – con uomo nudo in posizione fetale che appare di tanto in tanto, insieme a un misterioso altro uomo che regge uno specchio sulle spalle. Si aggirava al Lido, ma solo per ricevere il premio ecologico Green Drop Award. Ripartiti a mani vuote Amos Gitai, Alexander Sokurov, Laurie Anderson. Vale a dire, andando con ordine: l’assassinio di Yitzhak Rabin, il Louvre rispettato dai nazisti, il lutto per Lou Reed (messi in scena con il massimo delle pretese artistiche: voci fuori campo, rallentatore, complottismo).
Premio per il migliore attore a Fabrice Luchini, presidente di Corte d’Assise in “L’hermine” (meritatissimo, un po’ meno convincente, il premio per la sceneggiatura a Christian Vincent, anche regista). Premio per la migliore attrice a Valeria Golino, in “Per amor vostro” di Giuseppe Gaudino: non c’è giuria che resiste a una napoletana spettinata, con la voce da letto anche quando va al supermercato, e quando non ha la voce da letto è perché parla il linguaggio dei gesti con il figlio sordomuto (il marito ha le sue magagne, l’attore di soap opera le fa la corte... gli altri luoghi comuni son lì da acchiappare).
Gran premio della giuria a “Anomalisa” di Duke Johnson e Charlie Kaufman: pupazzetti animati, tutti piuttosto depressi. Gran spreco di effetti speciali per una storia sciocchina, non fosse per una scena di sesso e un uomo nudo dopo la doccia. E’ ufficiale: quest’anno a Venezia le femmine si spogliavano meno dei maschi.
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