Crocetta, Renzi, Adinolfi e l’orrore dell'Italia che spaccia per diritto di cronaca il diritto allo sputtanamento
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Contro gli orrori della repubblica del pettegolezzo. Perché serve una museruola contro la diffusione pazza delle intercettazioni “munnizza”di Claudio Cerasa | 21 Luglio 2015 ore 18:55 Foglio
Il governatore Rosario Crocetta ha utilizzato involontariamente una parola perfetta per spiegare cosa sta succedendo in Sicilia in seguito a un’intercettazione munnizza che ha incoraggiato il Pd ad azionare la ghigliottina che nel giro di poche settimane dovrebbe far rotolare la testa del presidente nella cesta della rottamazione forzata. “Siamo di fronte a un golpe”, ha detto Crocetta, e la definizione ci pare appropriata, anche se il governatore, come molti colleghi del centrosinistra, fa finta di non vedere quello che invece è sotto gli occhi di tutti. Il golpe in questione non riguarda il presunto complotto della combriccola degli apprendisti grillini democratici che giocano a fare i professionisti del moralismo ma il golpe che minaccia ogni giorno la politica italiana – e di cui sono complici molti amici dell’onorevolissimo presidente siciliano – riguarda l’unica vera dittatura sistematicamente ignorata dalle anime belle della società civile, che un giorno sì e l’altro pure trovano molte scuse per incontrarsi al bar e firmare, sorseggiando aperitivi, importanti appelli contro l’emergenza democratica.
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Se non fosse ancora chiaro, la vera emergenza democratica che mette a rischio la reputazione dei cittadini e le vite dei governi è legata all’uso allegramente fuori controllo di quelle intercettazioni telefoniche che giorno dopo giorno, nella Repubblica dello sputtanamento e dell’origliamento in servizio permanente effettivo, stanno assumendo sempre più le sembianze di un normale e quasi naturale ingrediente della nostra informazione quotidiana, fatto che già da solo ci dice molto di come ormai sia avvenuta in modo pieno e completo la trasformazione di alcuni magistrati in moralisti d’assalto, attenti cioè a mettere sullo stesso piano, in un unico grande frullatore di letame, ciò che ha un rilievo penale, e che dunque serve al processo, e ciò che ha invece un semplice rilievo morale, e che dunque serve soltanto al velinaro di turno delle procure per fare un titolo che possa aiutare il magistrato a mandare messaggi e a mettere in circolo godibilissime gocce di fango. Nelle ultime settimane i casi più eclatanti di intercettazioni munnizza finite sulle pagine dei giornali sono due. La prima è quella che ha, come si usa dire nel vocabolario del mascariamento, “sfiorato” il medico del governatore Crocetta – e qui trattasi di intercettazione che non essendo presente nei fascicoli giudiziari e non essendo stata considerata di rilievo penale non si capisce per quale ragione invece che essere distrutta sia stata messa a disposizione di un giornale. La seconda è quella che mette insieme le conversazioni tra Renzi e il generale della finanza Adinolfi, le cui chiacchierate sono state inserite nei fascicoli senza che avessero rilievo penale e dove i nomi degli intercettati, prima coperti da omissis, sono comparsi – Sim Sala Bim – nel passaggio delle carte da una procura a un’altra. Risultato: molti sbadigli, molti evabbè, che ci vuoi fare, molta indifferenza per un circuito mediatico-giudiziario che spesso assume le sembianza di un sistema di ricatto generalizzato che ormai costituisce una prassi a cui ci si è semplicemente abituati.
L’indifferenza sulle intercettazioni, da un certo punto di vista, è figlia naturale di un’altra dittatura che è quella del moralismo, della confusione tra penale e morale, tra sentenza ed editoriale, e ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere a osservare i grandi cantori della legalità che se ne sbattono le palle se l’immoralità presunta che stanno giudicando è emersa grazie a un atto giudiziario semi-illegale. Il 27 luglio, come si sa, arriverà in commissione alla Camera un primo testo di riforma sulle intercettazioni. E sarebbe un peccato se Renzi non si rendesse conto che l’unico modo per salvare il paese dalla Repubblica degli origliatori è mettere una museruola, più che un bavaglio, ai talebani delle procure che spacciano per diritto di cronaca il diritto allo sputtanamento.
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