L’Europa salva il glifosate ma la Marca lascia i divieti
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Salute e pesticidi, uno studio: «Non è cancerogeno». I consorzi: «Indietro non si torna»
di Andrea De Polo 20 luglio 2017 da www.latribuna.it
TREVISO. La Commissione Europea vuole rinnovare per altri dieci anni l’autorizzazione all’utilizzo del glifosate, molecola contenuta in molti diserbanti di comune utilizzo e responsabile delle caratteristiche “strisce arancioni” che in primavera colorano colline e aiuole della Marca. E dagli Stati Uniti arriva uno studio che assolve il glifosate dalla colpa più grave che gli era stata mossa: quella di essere cancerogeno. Un doppio colpo di scena che da un giorno all’altro stravolge gli scenari dell’agricoltura, con la Monsanto (multinazionale tra le principali fornitrici di pesticidi a base di glifosate) pronta a passare all’incasso, e sindaci e Consorzi del Prosecco trevigiani che ora si chiedono se davvero fosse il caso, come hanno fatto nei mesi scorsi, di vietare il diserbo a base della molecola incriminata. Dalla Marca e dalle colline del Prosecco, però, fanno capire che indietro non si torna: «Cancerogeno o meno, il glifosate è il simbolo dell’agricoltura che non ci piace, fatta di chimica e interventi invasivi».
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Europa pro pesticidi.
Ieri le associazioni ambientaliste sono insorte quando da Bruxelles è arrivato il classico fulmine a ciel sereno: la Commissione Europea intende prorogare per altri dieci anni l’autorizzazione all’utilizzo del glifosate. La proposta sarà discussa nei prossimi giorni e la decisione finale dovrà essere assunta entro dicembre, in tempo per la prossima stagione di trattamenti. Il glifosate non si utilizza soltanto sui vigneti per estirpare le erbacce: nella coltivazione del mais è assai diffuso, e anche i Comuni ne hanno sparso a piene mani negli anni scorsi sulle aiuole e lungo le strade, salvo poi recepire la direttiva del Ministero della Salute che nel 2016 ne ha vietato l’utilizzo nei luoghi pubblici. E adesso? «Una decisione sconcertante, quella dell’Ue» secondo Mariagrazia Mammuccini, portavoce di #StopGlifosate.
Lo studio americano. Un’altra “bomba” che non farà felici gli ambientalisti è arrivata, pochi giorni fa, dagli Stati Uniti. Dove tale Aaron Blair, epidemiologo dello Us National Cancer Institute (una delle principali istituzioni oncologiche degli Stati Uniti), ha confessato di non aver considerato, durante la valutazione della cancerogenicità del glifosate, una ricerca dell’ Agricultural Health Study. Secondo la quale non vi sarebbe alcuna correlazione tra la molecola, il cancro e i linfomi. Una vicenda al limite della spy story: la ricerca che assolve il pesticida non sarebbe stata pubblicata dal National Cancer Institute per motivi di spazio, e - a detta dello stesso Blair - avrebbe «fatto diminuire il rischio relativo del glifosate».
L’erbicida resta vietato.Ieri le due notizie hanno movimentato la giornata dei Consorzi del Prosecco, che prima di tutti avevano tracciato la via del «no» al Glifosate, considerato l’emblema dell’abuso di pesticidi in agricoltura. «Partiamo col dire che di studi nuovi ne escono sempre, a volte in contrasto tra loro» commenta Stefano Zanette, presidente del Consorzio di Tutela Prosecco Doc, «noi abbiamo fatto una scelta e la portiamo avanti con convinzione. Non è nemmeno più un ragionamento sulla sola nocività della molecola. In ogni caso, il suo impiego ha generato tensione sociale e discussioni, è il simbolo di un’agricoltura che non vogliamo, meno sostenibile e rispettosa dell’ambiente rispetto a quella che stiamo promuovendo negli ultimi tempi. No, non torniamo indietro: il glifosate nella Doc sarà vietato, anche se qualcuno ci dovesse dire che fa bene». E anche in collina, il regno del Conegliano Valdobbiadene Docg, pare che non ci siano margini di manovra: «La strada della sostenibilità è senza ritorno» spiega Innocente Nardi, presidente Consorzio di Tutela Docg, «in questi anni abbiamo fatto tanti passi in avanti e anche gli agricoltori se ne sono resi conto. Abbiamo incontrato le associazioni più rappresentative del mondo ambientalista, che hanno condiviso con noi la soddisfazione per come è cambiato il diserbo, diventato meno chimico e più sostenibile. Non entro nei termini scientifici della vicenda, siamo solo viticoltori, ma per un principio di qualità del prodotto e sensibilità della filiera so che non cambieremo idea». Non sarebbe strategico farlo mentre a Parigi si discute della candidatura a Patrimonio dell’Umanità Unesco delle colline del Conegliano Valdobbiadene, che se si presentassero al grande evento graffiate dalle “strisce arancioni” avrebbero ben poche possibilità di successo.
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